giovedì 31 maggio 2012

Tu sei benedetta fra le donne

Volgi i tuoi occhi alla Vergine e contempla come vive la virtù della lealtà. Quando Elisabetta ha bisogno di Lei, il Vangelo dice che accorre «cum festinatione», con gioiosa sollecitudine. Impara! (Solco, 371) 


Mio piccolo amico, ormai sai cavartela da solo. Accompagna con gioia Giuseppe e Maria Santissima e ascolterai le tradizioni della casa di Davide. 
Sentirai parlare di Elisabetta e di Zaccaria, t'intenerirai per l'amore purissimo di Giuseppe; e il tuo cuore batterà forte ogni volta che verrà nominato il bambino che nascerà a Betlemme 
Camminiamo in fretta verso le montagne, fino a un villaggio della tribù di Giuda (Lc 1, 39) 
Siamo giunti. E' la casa in cui deve nascere Giovanni, il Battista. Elisabetta, riconoscente, rende lode alla Madre del suo Redentore: Tu sei benedetta fra le donne e benedetto è il frutto del tuo seno! E donde a me tanto bene, che la Madre del mio Signore venga a visitarmi? (Lc 1, 42-43). 
 Il Battista sussulta nel seno di sua madre ( Lc 1, 41). L'umiltà di Maria trabocca nel Magnificat - E tu e io, che siamo anzi, eravamo dei superbi promettiamo di essere umili. (Santo Rosario, 2º mistero gaudioso)
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Grandi cose ha fatto per me l’Onnipotente: ha innalzato gli umili

Lc 1,39-56 
In quei giorni Maria si alzò e andò in fretta verso la regione montuosa, in una città di Giuda. Entrata nella casa di Zaccaria, salutò Elisabetta. Appena Elisabetta ebbe udito il saluto di Maria, il bambino sussultò nel suo grembo. Elisabetta fu colmata di Spirito Santo ed esclamò a gran voce: «Benedetta tu fra le donne e benedetto il frutto del tuo grembo! A che cosa devo che la madre del mio Signore venga da me? Ecco, appena il tuo saluto è giunto ai miei orecchi, il bambino ha sussultato di gioia nel mio grembo. E beata colei che ha creduto nell'adempimento di ciò che il Signore le ha detto». Allora Maria disse: «L'anima mia magnifica il Signore e il mio spirito esulta in Dio, mio salvatore, perché ha guardato l'umiltà della sua serva. D'ora in poi tutte le generazioni mi chiameranno beata. Grandi cose ha fatto per me l'Onnipotente e Santo è il suo nome; di generazione in generazione la sua misericordia per quelli che lo temono. Ha spiegato la potenza del suo braccio, ha disperso i superbi nei pensieri del loro cuore; ha rovesciato i potenti dai troni, ha innalzato gli umili; ha ricolmato di beni gli affamati, ha rimandato i ricchi a mani vuote. Ha soccorso Israele, suo servo, ricordandosi della sua misericordia, come aveva detto ai nostri padri, per Abramo e la sua discendenza, per sempre». Maria rimase con lei circa tre mesi, poi tornò a casa sua. 

Dopo l'annunciazione dell'angelo, Maria si mette in cammino verso la montagna, con sollecitudine. Per Gesù è il primo viaggio missionario compiuto per mezzo della madre, che anticipa l'azione evangelizzatrice della comunità cristiana. Prende qui l'avvio il grande andare, che riempie tutto il vangelo di Luca e gli Atti degli apostoli. La parola di Dio va dal cielo alla terra, da Nazareth a Gerusalemme, da Gerusalemme in Giudea e fino ai confini della terra; va senza esitazioni, sempre in fretta. 
Nel saluto di Maria, che porta Gesù nel grembo, Elisabetta e Giovanni incontrano il Salvatore. 
L'arrivo di Maria in casa di Elisabetta suscita grande sorpresa e Elisabetta esprime la propria meraviglia con le parole pronunciate da Davide al sopraggiungere dell'Arca dell'Alleanza: "Come potrà venire da me l'arca del Signore?" (2Sam 6,9). Nella casa di Zaccaria si realizza ciò che avverrà a Gerusalemme dopo la risurrezione del Signore. "Negli ultimi giorni, dice il Signore, io effonderò il mio Spirito sopra ogni persona; i vostri figli e le vostre figlie profeteranno" (At 2,17-21; Gl 3,1-5). 
La storia dell'infanzia della Chiesa sarà la ripetizione e la continuazione dell'infanzia di Gesù. Elisabetta, "piena di Spirito Santo" (v.41), conosce il segreto di Maria, e la proclama: "Benedetta tu fra le donne e benedetto il frutto del tuo grembo" (v.42). Dio ha benedetto Maria con la pienezza di tutte le benedizioni che sono in Cristo (cfr Ef 1,3). Maria viene considerata come l'arca dell'Alleanza del Nuovo Testamento: nel suo grembo porta il Santo, la rivelazione di Dio, la fonte di ogni benedizione, la causa prima della gioia della salvezza, il centro del nuovo culto. 
Il saluto di Maria provoca l'esultanza di Giovanni Battista. Il tempo della salvezza è il tempo della gioia. Il cantico di lode di Elisabetta finisce con le parole che esaltano Maria: "Beata colei che ha creduto nell'adempimento delle parole del Signore" (v.45). Maria è diventata la madre di Gesù perché ha obbedito alla parola di Dio. E quando una donna del popolo, rivolgendosi a Gesù, la proclamerà beata: "Beato il grembo che ti ha portato e il seno da cui hai preso il latte!", Gesù preciserà e completerà l'espressione di lode, dicendo: "Beati piuttosto coloro che ascoltano la parola di Dio e la osservano!" (Lc 11,27-28). 
Con un atto di fede comincia la storia della salvezza d'Israele; Abramo parte per un paese sconosciuto con la moglie sterile, solo, perché Dio lo chiama e gli promette una discendenza benedetta (Gen 12). Con un atto di fede comincia la storia della salvezza del mondo; Maria crede alla parola del Signore: vergine, diventa la madre di Dio. 
La prima beatitudine del vangelo di Luca è l'esaltazione della fede di Maria. La fede è la virtù che ha accompagnato Maria nel suo cammino e l'ha radicata profondamente nel progetto di salvezza di Dio. Questo cantico è molto vicino a quello che intonerà Gesù quando, esultando nello Spirito Santo, scoprirà che la benevolenza del Padre si rivela ai piccoli (Lc 10,21-22). Maria esalta l'opera di salvezza che Dio sta realizzando tra gli uomini. Questo inno si sviluppa come un mosaico di citazioni e di allusioni bibliche, che trova un parallelo nel cantico di Anna (1Sam 2,1-10), considerato generalmente come la sua fonte principale sia dal punto di vista della situazione che della tematica e della formulazione. Qualche esegeta suggerisce di leggere questo cantico di Maria sullo sfondo della grande liberazione dell'Esodo e in particolare del celebre Cantico del mare (Es 15,1-18.21). Maria canta la grandezza di Dio. Riconosce che Dio è Dio. La conseguenza della scoperta di Dio grande nell'amore è l'esultanza dello spirito. 
La scoperta dell'amore immenso di Dio per noi vince la paura. Chi conosce il vero Dio, gioisce della sua stessa gioia. Il motivo del dono di Dio a Maria non è il suo merito, ma il suo demerito, la sua umiltà (da humus=terra, parola da cui deriva anche "uomo"). Maria è il nulla assoluto, che solo è in grado di ricevere il Tutto. Dio è amore. L'amore è dono. Il dono è tale solo nella misura in cui non è meritato. Dio quindi è accolto in noi come amore e dono solo nella misura della coscienza del nostro demerito, della nostra lontananza, della nostra piccolezza e umiltà oggettive. 
Maria è il primo essere umano che riconosce il proprio nulla e la propria distanza infinita da Dio in modo pieno e assoluto. Il merito fondamentale di Maria è la coscienza del proprio demerito: ella riconosce la propria infinita nullità. Per questo, giustamente, la Chiesa proclama Maria esentata dal peccato originale, che consiste nella menzogna antica che impedisce all'uomo questa umiltà fiduciosa, che dovrebbe essere tipica della creatura (cfr Sal 131). 
L'umiltà di Maria non è quella virtù che porta ad abbassarsi. La sua non è virtù, ma la verità essenziale di ogni creatura, che lei riconosce e accetta: il proprio nulla, il proprio essere terra-terra. Tutte le generazioni gioiranno con lei della sua stessa gioia di Dio, perché in lei l'abisso di tutta l'umanità è stato colmato di luce e si è rivelato come capacità di concepire Dio, il Dono dei doni. 
Dio è amore onnipotente. Lo ha mostrato donando totalmente se stesso. Il suo nome (la sua persona) è conosciuto e glorificato tra gli uomini perché Dio stesso santifica il suo nome rivelandosi e donandosi al povero. Maria sintetizza in una sola parola tutti gli attributi di colui che ha già chiamato Signore, Dio, Salvatore, Potente, Santo: il nome di Dio è Misericordia. Dio è amore che non può non amare. E' misericordia che non può non sentire tenerezza verso la miseria delle sue creature. 
San Clemente di Alessandria afferma che "per la sua misteriosa divinità Dio è Padre. Ma la tenerezza che ha per noi lo fa diventare Madre. Amando, il Padre diventa femminile" (Dal Quis dives salvetur, 37,2). Maria descrive la storia biblica della salvezza in sette azioni di Dio. La descrizione con i verbi al passato significa quello che Dio ha già fatto nell'Antico Testamento, ma anche quello che ha compiuto nel Nuovo, perché il Cantico, composto dalla comunità cristiana, canta l'operato di Dio alla luce della risurrezione di Cristo già avvenuta. 
A proposito di questa rivoluzione operata da Dio, che rovescia i potenti dai troni e manda a mani vuote i ricchi, notiamo che anche questa è un'opera grandiosa e commovente della misericordia di Dio: quando il potente cade nella polvere e il sazio prova l'indigenza, essi sono posti nella condizione per essere rialzati e saziati da Dio. Nell'esperienza del vuoto e nel crollo degli idoli, l'uomo si trova nella condizione migliore per cercare Dio. In Maria è presente Dio fatto uomo. In lui si realizzano le promesse di Dio. E' per la fede in Cristo che si è discendenza di Abramo (Lc 3, 8). Il compimento della promessa fatta da Dio ad Abramo è definitivo: "In te si diranno benedette tutte le famiglie della terra" (Gen 12,3). 
Padre Lino Pedron
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mercoledì 30 maggio 2012

Il Figlio dell'uomo non è venuto per essere servito ma per servire

Dal Vangelo secondo Marco (10,32-45) 
Mentre erano in viaggio per salire a Gerusalemme, Gesù camminava davanti a loro ed essi erano stupiti; coloro che venivano dietro erano pieni di timore. Prendendo di nuovo in disparte i Dodici, cominciò a dir loro quello che gli sarebbe accaduto: «Ecco, noi saliamo a Gerusalemme e il Figlio dell'uomo sarà consegnato ai sommi sacerdoti e agli scribi: lo condanneranno a morte, lo consegneranno ai pagani, lo scherniranno, gli sputeranno addosso, lo flagelleranno e lo uccideranno; ma dopo tre giorni risusciterà». E gli si avvicinarono Giacomo e Giovanni, i figli di Zebedèo, dicendogli: «Maestro, noi vogliamo che tu ci faccia quello che ti chiederemo». Egli disse loro: «Cosa volete che io faccia per voi?». Gli risposero: «Concedici di sedere nella tua gloria uno alla tua destra e uno alla tua sinistra». Gesù disse loro: «Voi non sapete ciò che domandate. Potete bere il calice che io bevo, o ricevere il battesimo con cui io sono battezzato?». Gli risposero: «Lo possiamo». E Gesù disse: «Il calice che io bevo anche voi lo berrete, e il battesimo che io ricevo anche voi lo riceverete. Ma sedere alla mia destra o alla mia sinistra non sta a me concederlo; è per coloro per i quali è stato preparato». All'udire questo, gli altri dieci si sdegnarono con Giacomo e Giovanni. Allora Gesù, chiamatili a sé, disse loro: «Voi sapete che coloro che sono ritenuti capi delle nazioni le dominano, e i loro grandi esercitano su di esse il potere. Fra voi però non è così; ma chi vuol essere grande tra voi si farà vostro servitore, e chi vuol essere il primo tra voi sarà il servo di tutti. Il Figlio dell'uomo infatti non è venuto per essere servito, ma per servire e dare la propria vita in riscatto per molti». 

L'uomo è stato creato per servire il suo Creatore. Cosa c'è di più giusto infatti che servire colui che vi ha dato alla luce, senza il quale non potete esistere? E cosa c'è di più felice che servirlo, poiché servirlo è regnare? 
Eppure l'uomo ha detto al suo Creatore: «Non ti servirò» (Ger 2,20). «Allora ti servirò io, disse il Creatore all'uomo. Siediti, ti servirò, ti laverò i piedi»... Sì, Cristo «servo buono e fedele» (Mt 25,21), hai veramente servito, hai servito in tutta fede e in tutta verità, in tutta pazienza e in tutta costanza. Senza tiepidezza ti sei lanciato come un prode per percorrere la via dell'obbedienza (Sal 18,3); senza fingere, ci hai dato in sovrappiù, dopo tante pene, la tua stessa vita; senza fiatare, flagellato e innocente, non apristi la bocca (Is 53,7). Sta scritto ed è vero:«Il servo che, conoscendo la volontà del padrone, non avrà disposto o agito secondo la sua volontà, riceverà molte percosse» (Lc 12,47). 
Ma questo servo, vi domando, quali degne azioni non ha compiuto? Cosa ha omesso di ciò che doveva fare? «Ha fatto bene ogni cosa», esclamavano coloro che osservavano la sua condotta, «fa udire i sordi e fa parlare i muti» (Mc 7,37). Ha compiuto ogni sorta di opere degne di ricompensa, allora come mai ha sofferto tante umiliazioni? Ha presentato le sue spalle alla frusta, ha ricevuto numerosi colpi atroci, dappertutto il suo sangue scorre. È stato interrogato in mezzo agli obbrobri e ai tormenti, come uno schiavo o un malfattore che sottopongono alla tortura per strappargli la confessione di un crimine. O superbia detestabile dell'uomo sdegnoso di servire, e che non poteva essere umiliato se non con l'esempio della servitù del suo Dio!... Si, mio Signore, hai molto faticato per servirmi; sarebbe giusto ed equo che d'ora in poi ti riposassi, mentre il tuo servo, a sua volta, cominciasse a servirti, è venuto il suo turno... Hai vinto, Signore, questo servo ribelle; stendo le mani per ricevere i tuoi legami, chino il capo per ricevere il tuo giogo. Permetti che io ti serva. Accoglimi per sempre come tuo servo, ancorché servo inutile se la tua grazia non mi assiste e non mi affianca sempre nella fatica (Sap 9,10). 
Beato Guerrico d'Igny
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Preghiera del mattino del 30/V/2012

Padre che sei nei cieli, tu ci hai fatto dono di tuo Figlio. 
Anche la notte scorsa, molti dei nostri fratelli hanno conosciuto la sofferenza, la povertà, la malattia e si sono sentiti soli e abbandonati. 
Abbi pietà di loro; da' loro un po' di gioia. 
Rendici attenti nei loro confronti, affinché li aiutiamo in quanto ci è possibile. 
Rendici forti, in questo nuovo giorno, sulla via della croce della nostra vita.
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martedì 29 maggio 2012

Riceverete in questo tempo cento volte tanto insieme a persecuzioni, e la vita eterna nel tempo che verrà.

Mc 10,28-31 
Pietro allora prese a dirgli: «Ecco, noi abbiamo lasciato tutto e ti abbiamo seguito». Gesù gli rispose: «In verità io vi dico: non c'è nessuno che abbia lasciato casa o fratelli o sorelle o madre o padre o figli o campi per causa mia e per causa del Vangelo, che non riceva già ora, in questo tempo, cento volte tanto in case e fratelli e sorelle e madri e figli e campi, insieme a persecuzioni, e la vita eterna nel tempo che verrà. Molti dei primi saranno ultimi e gli ultimi saranno primi». 

Non si sceglie la povertà per se stessa, non si lasciano le persone più care per il gusto di lasciarle: ciò sarebbe irragionevole, sarebbe un vero male. Se si sceglie di lasciare tutto e tutti è per qualcosa di più grande e soprattutto per Qualcuno più grande: per seguire Gesù e dedicare ideali, mente e cuore all'annuncio del vangelo. Sono queste le finalità che danno un senso alla povertà e al distacco. Nella povertà Gesù propone all'uomo la rinuncia al Dio di questo mondo. La povertà è essenziale per seguire Cristo ed è indispensabile per avere la vita eterna (v.17). 
In origine con l'espressione "il centuplo", forse, si intendeva la vita eterna, ma la comunità cristiana scorgeva questo centuplo già nel fatto che i discepoli di Cristo, rinunciando alla casa, alla famiglia e alle proprietà, ritrovavano una nuova famiglia e una casa nella comunità. Sebbene i credenti possano trovare una certa compensazione nei numerosi "fratelli, sorelle, madri e figli", come pure nell'assistenza materiale che ricevono in seno alla comunità, devono tuttavia sapere che quaggiù siamo ancora nel tempo delle persecuzioni, delle tribolazioni, della croce. 
Anche il fare della comunità la propria casa può nascondere delle insidie. Chi cerca nella comunione con i fratelli e le sorelle di fede una reale compensazione in cambio di ciò che ha lasciato, non ha ancora compreso la chiamata a seguire Gesù fino alla croce. Gesù si separò perfino dai discepoli più cari, morendo solo e abbandonato, per la salvezza di tutti. 
La comunità non è in primo luogo un rifugio per le persone sole, ma uno spazio dove si raccolgono coloro che rinunciano ai propri desideri per amore di Gesù e si mettono al servizio degli altri uomini. Essa non costituisce un cantuccio tranquillo e appartato dal mondo, ma un punto di partenza per andare verso il mondo. Le persecuzioni sono i test di fedeltà a Cristo e al vangelo. Il giorno in cui la comunità cristiana non fosse più perseguitata si potrebbero fare solo due ipotesi: o tutti sono diventati definitivamente cristiani, compreso il diavolo, o i cristiani non sono più tali. 
Padre Lino Pedron
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Preghiera del mattino del 29/V/2012

Dio altissimo e onnipotente, fonte di ogni bontà e di ogni gioia, facci comprendere che, seguendoti e facendo la tua volontà, noi siamo liberi. 
Allontana da noi ciò che ci separa da te ed elimina ciò che opprime il nostro corpo e la nostra anima, perché possiamo, con un cuore libero, fare la tua volontà.
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lunedì 28 maggio 2012

Vendi quello che hai e vieni! Seguimi!

Mc 10,17-27 
Mentre andava per la strada, un tale gli corse incontro e, gettandosi in ginocchio davanti a lui, gli domandò: «Maestro buono, che cosa devo fare per avere in eredità la vita eterna?». Gesù gli disse: «Perché mi chiami buono? Nessuno è buono, se non Dio solo. Tu conosci i comandamenti: Non uccidere, non commettere adulterio, non rubare, non testimoniare il falso, non frodare, onora tuo padre e tua madre». Egli allora gli disse: «Maestro, tutte queste cose le ho osservate fin dalla mia giovinezza ». Allora Gesù fissò lo sguardo su di lui, lo amò e gli disse: «Una cosa sola ti manca: va', vendi quello che hai e dallo ai poveri, e avrai un tesoro in cielo; e vieni! Seguimi!». Ma a queste parole egli si fece scuro in volto e se ne andò rattristato; possedeva infatti molti beni.  Gesù, volgendo lo sguardo attorno, disse ai suoi discepoli: «Quanto è difficile, per quelli che possiedono ricchezze, entrare nel regno di Dio!». I discepoli erano sconcertati dalle sue parole; ma Gesù riprese e disse loro: «Figli, quanto è difficile entrare nel regno di Dio! È più facile che un cammello passi per la cruna di un ago, che un ricco entri nel regno di Dio». Essi, ancora più stupiti, dicevano tra loro: «E chi può essere salvato?». Ma Gesù, guardandoli in faccia, disse: «Impossibile agli uomini, ma non a Dio! Perché tutto è possibile a Dio». 

Il vangelo di oggi ci insegna il vero atteggiamento del cristiano nei confronti della proprietà, della povertà e della ricchezza. Il comportamento da tenere nei confronti dei beni terreni va visto in ordine a Gesù: se facilitano o impediscono il seguire Gesù. Dall'esempio presentato da questo brano di vangelo impariamo quanto le ricchezze esercitano un pericoloso potere perfino su persone serie e impegnate. 
Inoltre, sull'esempio di Pietro e dei primi discepoli che per Gesù hanno abbandonato tutto, siamo incoraggiati a camminare sulla via del distacco e della povertà. Non a tutti, forse, è indispensabile alleggerirsi dei propri averi; tutti però devono ascoltare l'appello a una totale dedizione, che Gesù rivolge a ciascuno, sia pure in modo diverso. Si tratta di fare spazio a Gesù. 
Rinunciare a se stessi per seguire Gesù significa concretamente togliere di mezzo gli idoli che occupano lo spazio e il tempo della nostra vita, e sono di ostacolo sulla via del regno di Dio. L'uomo di cui parla il vangelo è un osservante della legge (v.20), ma il seguire Gesù è molto di più che il semplice adempimento della legge. Anche il giusto ha un distacco da fare e non è detto che sempre lo faccia. Il peccatore pubblico Levi (cfr Lc 5,27-28) accettò l'invito, l'uomo ricco, giusto e osservante lo rifiutò. Una vocazione mancata a causa della schiavitù delle ricchezze. 
Queste perciò non sono innocue, ma tendono a rendere l'uomo schiavo. Quando questo avviene, le ricchezze comandano e l'uomo obbedisce. L'avidità di ricchezza è vera idolatria (cfr Col 3,5) e l'attaccamento al denaro è la radice di tutti i mali (cfr 1Tm 6,10). Il denaro è un ottimo servo, ma un pessimo padrone. Rifiutando la libertà che gli viene offerta, questo tale se ne va rattristato. Questa tristezza è segno che la grazia l'ha toccato: la sua ricchezza si oppone attualmente al progresso spirituale, ma la misericordia di Dio l'ha reso cosciente di ciò, facendogli capire che, con le sue azioni e osservanze, non può ottenere in eredità la vita eterna. La tristezza che lo invade è dono dell'amore del Dio buono (v.18) che incessantemente lo chiama. Fino a questo punto l'attaccamento ai suoi beni lo rende cieco: non vede il suo vero bene che è Dio presente in Gesù. 
Nell'alternativa o Dio o mammona, sceglie mammona, ossia le cose che possiede. Alla fine, invece della gioia di chi ha trovato il tesoro (cfr Mt 13,44), ha la tristezza di chi l'ha perduto. E' difficile entrare nel regno di Dio per coloro che hanno ricchezze (v.23) e anche per gli altri (v.24). Un giorno Gesù aveva parlato di quelli che ricevono il seme della Parola tra le spine: "Sono coloro che hanno ascoltato la parola, ma sopraggiungono le preoccupazioni del mondo e l'inganno della ricchezza e tutte le altre bramosie, soffocano la parola e questa rimane senza frutto" (Mc 4,18-19). 
Le ricchezze, ma non solo le ricchezze, possono preoccupare e ingannare l'uomo e soffocare la parola di Dio nel suo cuore. Tutti siamo troppo grandi per entrare nel regno di Dio dove entrano solo i piccoli e i bambini: siamo cammelli che tentano buffamente di passare per la cruna di un ago. Riconoscere questa nostra impossibilità è già un buon punto di partenza per diventare piccoli. 
Salvarsi non è né facile né difficile: è assolutamente impossibile all'uomo. Solo Dio può salvarci. 
Il mestiere di Dio è fare ciò che è impossibile all'uomo. A noi non resta che chiedere, nonostante le nostre resistenze contrarie, questa salvezza impossibile che solo Dio può donarci. 
Padre Lino Pedron
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Preghiera del mattino del 28/V/2012

Signore Dio, molto spesso siamo stanchi e disperati in questi tempi di insicurezza, in cui ci sentiamo deboli e siamo indecisi. 
Assistici in questo giorno che abbiamo cominciato. 
Concedici la tua luce e la tua forza. 
La tua volontà è che ogni uomo che tu hai portato alla vita trovi il suo sviluppo sulla terra e, infine, presso di te, per l'eternità.
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domenica 27 maggio 2012

Lo Spirito di verità vi guiderà alla verità tutta intera

Dal vangelo secondo Giovanni (15,26-27; 16,12-15) 
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Quando verrà il Paràclito, che io vi manderò dal Padre, lo Spirito della verità che procede dal Padre, egli darà testimonianza di me; e anche voi date testimonianza, perché siete con me fin dal principio. Molte cose ho ancora da dirvi, ma per il momento non siete capaci di portarne il peso. Quando verrà lui, lo Spirito della verità, vi guiderà a tutta la verità, perché non parlerà da se stesso, ma dirà tutto ciò che avrà udito e vi annuncerà le cose future. Egli mi glorificherà, perché prenderà da quel che è mio e ve lo annuncerà. Tutto quello che il Padre possiede è mio; per questo ho detto che prenderà da quel che è mio e ve lo annuncerà». 
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"Come nei secoli passati così anche oggi ci sono persone o ambienti che, trascurando questa Tradizione di secoli, vorrebbero falsificare la parola di Cristo e togliere dal Vangelo le verità, secondo loro, troppo scomode per l'uomo moderno". Così ha detto Papa Benedetto il 26 maggio 2006 ai fedeli polacchi radunati a Varsavia in quasi 300 mila sotto una pioggia scrosciante. Ha parlato di verità scomode per l'uomo moderno. 
Questa affermazione cosa c'entra con la liturgia della Pentecoste? Non c'è un rapporto diretto apparentemente, eppure l'idea che vi siano verità scomode nel Vangelo di Gesù mi fa pensare all'opera stessa dello Spirito di Dio che, nella storia della salvezza, ha sempre soffiato contro corrente. Il soffio vitale che trasforma un ominide in uomo dotato di pensiero, contro ogni logica relativa alle altre creature viventi; lo Spirito di Dio che lascia un segno indelebile nel concepimento verginale di Maria, contro ogni legge di natura; lo Spirito di Pentecoste che mette in contatto tutti gli uomini e tutte le culture, contro ogni logica linguistica e relazionale. 
Oggi lo Spirito soffia ancora come e dove vuole e ci parla di amore e rispetto per la vita, sempre, contro ogni logica in una società egocentrica e figlia del relativo. 
L'idea dello Spirito di Dio nel contesto trinitario che la storia della salvezza e le parole di Gesù ci trasmettono è la più alta, la più sublime forma di libertà che possa capitarci di pensare. Non ci sono regole nella libertà dell'amore: ama, diceva S. Agostino, e fa' ciò che vuoi. Se vedessimo la realtà, la realtà delle cose, non potremmo non annunciare; non potremmo non piangere di gioia. Invochiamo dunque lo Spirito Santo. 
Paolo Aragona
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Preghiera del mattino del 27/V/2012

Gesù, nostro Salvatore, tu non ci hai lasciati soli, quando sei salito al cielo, poiché ci hai inviato lo Spirito Santo come dono ai credenti. 
Lo Spirito Santo ha la grazia della tua croce per salvarci e il potere del tuo sangue prezioso per liberarci dai peccati e dalle ferite da essi inflitte ai nostri cuori e ai nostri sentimenti. 
Ti chiediamo, Signore, di risvegliare in noi il dono dello Spirito, che abbiamo ricevuto nel battesimo e nella confermazione. 
Egli rinnovi le nostre vite, affinché impariamo ad ascoltare la sua voce in noi e a creare così un nuovo mondo attorno a noi. 
Rafforzi la nostra speranza all'inizio di questa giornata e ci dia il coraggio di superare tutti gli ostacoli che possono presentarsi sul nostro cammino. 
Vieni, Spirito Santo!
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sabato 26 maggio 2012

Questo è il discepolo che testimonia queste cose e le ha scritte, e la sua testimonianza è vera

Gv 21,20-25 
Pietro si voltò e vide che li seguiva quel discepolo che Gesù amava, colui che nella cena si era chinato sul suo petto e gli aveva domandato: «Signore, chi è che ti tradisce?». Pietro dunque, come lo vide, disse a Gesù: «Signore, che cosa sarà di lui?». Gesù gli rispose: «Se voglio che egli rimanga finché io venga, a te che importa? Tu seguimi». Si diffuse perciò tra i fratelli la voce che quel discepolo non sarebbe morto. Gesù però non gli aveva detto che non sarebbe morto, ma: «Se voglio che egli rimanga finché io venga, a te che importa?». Questi è il discepolo che testimonia queste cose e le ha scritte, e noi sappiamo che la sua testimonianza è vera.  Vi sono ancora molte altre cose compiute da Gesù che, se fossero scritte una per una, penso che il mondo stesso non basterebbe a contenere i libri che si dovrebbero scrivere. 

La predizione della sua morte suscita in Pietro la curiosità sulla sorte del discepolo amato che lo seguiva dietro il Maestro (v.20). Ma Gesù non soddisfa la curiosità dell'apostolo. 
Pietro non deve preoccuparsi della fine dell'amico, ma solo di seguire il Maestro; Gesù potrebbe lasciarlo in vita fino al suo ritorno nella parusia, che probabilmente non era ritenuta lontana (cfr 1Cor 4,5; 11,26; 1Ts 4,15ss; Ap 3,11; 22,7.12.20). Probabilmente questo discepolo amato, noto a tutti i lettori del vangelo di Giovanni, dovette essere molto longevo; per questo le parole del Signore a Pietro, riportate nel v.22, furono equivocate e considerate una profezia della sua immortalità (v.23). 
Alla fine di questo brano troviamo un secondo epilogo sulla veracità della testimonianza del discepolo amato e sull'incompletezza del vangelo di Giovanni. Con l'iperbole del v.25 l'autore vuol mettere in risalto che solo una piccola parte delle opere compiute da Gesù è stata messa per iscritto.
Questo lavoro di raccolta e di penetrazione è un grande dono per la fede della Chiesa e di ogni discepolo, che ha per vocazione un orizzonte senza confini, come il messaggio spirituale di Cristo. 
Origene ha scritto: "Primizia dei vangeli è quello secondo Giovanni, il cui senso profondo non può cogliere chi non abbia poggiato il capo sul petto di Gesù e non abbia ricevuto da lui Maria come sua madre. Colui che sarà un nuovo Giovanni deve diventare tale da essere indicato da Gesù, per così dire, come Giovanni che è Gesù" 
(Commento al vangelo di Giovanni, Torino 1968, 123) 
Padre Lino Pedron
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Preghiera del mattino del 26/V/2012

Signore, la tua Chiesa è simile questa mattina a Gerusalemme, preparata come una Sposa per la venuta dello Spirito. 
Venite, corriamo, il Re ci fa entrare nella sua dimora per farci dono del suo amore. 
Signore, fa' che, in questa Pentecoste, allarghi il mio cuore. Possa il mio cuore assumere le dimensioni della terra intera, perché il tuo Spirito si diffonda in ogni essere. 
Lo Spirito è il dito di Dio che scolpisce nei nostri cuori la tua legge d'amore, affinché non siamo lettere morte e diventiamo audaci testimoni del tuo regno che si avvicina.
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venerdì 25 maggio 2012

Messaggio di Medjugorje del 25/5/2012 a Marja

Cari figli! 


Anche oggi vi invito alla conversione e alla santità. 
Dio desidera darvi la gioia e la pace attraverso la preghiera ma voi, figlioli, siete ancora lontano, attaccati alla terra e alle cose della terra. 


Perciò vi invito di nuovo: aprite il vostro cuore e il vostro sguardo verso Dio e le cose di Dio e la gioia e la pace regneranno nel vostro cuore. 


Grazie per aver risposto alla mia chiamata. 
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Pasci i miei agnelli, pasci le mie pecore

Gv 21,15-19 
Quand'ebbero mangiato, Gesù disse a Simon Pietro: «Simone, figlio di Giovanni, mi ami più di costoro?». Gli rispose: «Certo, Signore, tu lo sai che ti voglio bene». Gli disse: «Pasci i miei agnelli». Gli disse di nuovo, per la seconda volta: «Simone, figlio di Giovanni, mi ami?». Gli rispose: «Certo, Signore, tu lo sai che ti voglio bene». Gli disse: «Pascola le mie pecore». Gli disse per la terza volta: «Simone, figlio di Giovanni, mi vuoi bene?». Pietro rimase addolorato che per la terza volta gli domandasse: «Mi vuoi bene?», e gli disse: «Signore, tu conosci tutto; tu sai che ti voglio bene». Gli rispose Gesù: «Pasci le mie pecore. In verità, in verità io ti dico: quando eri più giovane ti vestivi da solo e andavi dove volevi; ma quando sarai vecchio tenderai le tue mani, e un altro ti vestirà e ti porterà dove tu non vuoi». Questo disse per indicare con quale morte egli avrebbe glorificato Dio. E, detto questo, aggiunse: «Seguimi». 

Al termine del pasto con i discepoli, Gesù si rivolge a Pietro, chiedendogli una professione d'amore, per affidargli il suo gregge: "Simone di Giovanni, mi ami tu più di costoro?" (v.15). 
Il Cristo per costituire Pietro pastore della Chiesa esige da lui un amore più grande di quello degli altri amici. Nella sua risposta l'apostolo si appella alla scienza divina di Gesù chiamandolo Signore, evitando così la presunzione di considerarsi migliore degli altri. 
La triste esperienza del rinnegamento, dopo che Pietro aveva protestato di voler dare la vita per Gesù anche se tutti gli altri l'avessero abbandonato (Mc 14,29), ha prodotto il suo effetto benefico. Pietro non si confronta più con gli altri, ma professa con sincerità e semplicità il suo amore per il Signore. Pietro, dopo la sua dichiarazione d'amore, riceve da Gesù il conferimento dell'ufficio pastorale: "Pasci i miei agnelli" (v.15); "Pasci le mie pecore" (vv.16-17). 
Quindi Pietro è costituito pastore di tutto il gregge, ossia guida spirituale di tutta la Chiesa. I membri della Chiesa appartengono a Cristo: sono i suoi agnelli e le sue pecore. 
Gesù, prima di lasciare definitivamente questo mondo, costituisce Pietro suo vicario nella missione di guida e di pastore del popolo di Dio. Dopo aver investito Pietro della missione di guida della Chiesa, Gesù gli predice la fine: in vecchiaia l'apostolo sperimenterà la prigione e verserà il suo sangue per il Signore. Gesù ha perdonato Pietro, lo ha riabilitato e ha fatto di lui un uomo nuovo che lo imiterà anche nel martirio. Durante l'ultima cena Pietro aveva affermato di voler seguire subito il Signore, offrendo la sua vita per lui; Gesù però gli aveva replicato che l'avrebbe seguito in futuro. 
 Dopo la sua risurrezione il Signore annuncia a Pietro che questa testimonianza la darà in vecchiaia (v.18). A somiglianza di Gesù, Pietro glorificherà Dio con la testimonianza del sangue versato. 
Seguire Gesù è andare con lui fino alla morte (v.19). 
Padre Lino Pedron
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Preghiera del mattino del 25/V/2012

Padre santo, ti ringrazio per avermi donato questo giorno concedendomi di continuare la celebrazione del mistero della risurrezione del tuo Figlio. 
Concedimi oggi di incontrarmi col Signore risorto: nell'ascolto della sua parola, nella partecipazione alla divina Eucaristia, nel fratello col quale condivido la mia giornata. 
Te lo chiedo per Cristo nostro Signore.
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giovedì 24 maggio 2012

Siano perfetti nell’unità

Gv 17,20-26 
Non prego solo per questi, ma anche per quelli che crederanno in me mediante la loro parola: perché tutti siano una sola cosa; come tu, Padre, sei in me e io in te, siano anch'essi in noi, perché il mondo creda che tu mi hai mandato. E la gloria che tu hai dato a me, io l'ho data a loro, perché siano una sola cosa come noi siamo una sola cosa. Io in loro e tu in me, perché siano perfetti nell'unità e il mondo conosca che tu mi hai mandato e che li hai amati come hai amato me. Padre, voglio che quelli che mi hai dato siano anch'essi con me dove sono io, perché contemplino la mia gloria, quella che tu mi hai dato; poiché mi hai amato prima della creazione del mondo. Padre giusto, il mondo non ti ha conosciuto, ma io ti ho conosciuto, e questi hanno conosciuto che tu mi hai mandato. E io ho fatto conoscere loro il tuo nome e lo farò conoscere, perché l'amore con il quale mi hai amato sia in essi e io in loro». 

A questo punto del capitolo 17 la preghiera di Gesù si allarga fino ad abbracciare tutti i discepoli che in futuro crederanno in lui per la parola dei suoi primi discepoli. Per essi chiede al Padre il dono dell'unità più profonda, modellata e fondata sulla comunione di vita tra il Padre e il Figlio. 
Il "come" indica il modello e il fondamento dell'unità dei credenti. I cristiani devono ispirarsi all'ideale realizzato dalle persone della Trinità; nella loro vita di comunione devono tendere a questa unità perfetta. Una vita di unione e d'amore così profonda nella comunità cristiana riveste un valore fortissimo per suscitare la fede: "Affinché il mondo creda che tu mi hai mandato" (vv.21 e 23). 
Gesù ha donato ai discepoli la gloria ricevuta dal Padre (v.22), ossia ha reso i credenti partecipi della sua divinità. Questa gloria divina rifulge in modo unico nel Figlio, per questo Gesù domanda al Padre di farla contemplare ai credenti (v.24). Il dono della gloria di essere figli di Dio è stato concesso ai discepoli in vista dell'unità: "affinché siano una cosa sola, come noi siamo una cosa sola" (v.22). I cristiani, consapevoli di essere figli dello stesso Padre e di formare la famiglia di Dio devono vivere uniti, in perfetta comunione di mente e di cuore, a somiglianza del Padre e del Figlio; anzi, sono inseriti nella vita della Trinità, perché il Padre è nel Figlio e il Figlio è nei discepoli. Quindi, rimanendo vitalmente uniti a Cristo, i credenti vivono in comunione perfetta con Dio e così si realizza la perfezione dell'unità. 
Tale unità dei cristiani avrà un effetto di salvezza per l'umanità: susciterà la fede nella missione divina di Gesù e il riconoscimento dell'amore del Padre per i discepoli. Il Padre ama i credenti come ama Gesù e li ama in lui. Nel v. 24 Gesù esprime la sua estrema volontà: "Padre, voglio". Gesù chiede che i suoi discepoli partecipino alla sua gloria in paradiso. Al malfattore, crocifisso con lui, Gesù assicura: "Oggi sarai con me in paradiso". Il passo finale di questa preghiera si apre con l'invocazione "Padre giusto": essa è una variazione di "Padre santo" (17,11); ambedue le invocazioni esprimono la trascendenza e la natura di Dio. 
Nel salmo 145,17 gli aggettivi giusto e santo, riferiti al Signore, sono sinonimi. Nelle ultime invocazioni di questa preghiera Gesù ricorda al Padre che egli e i suoi discepoli hanno riconosciuto la sua santità, ossia la sua trascendenza divina. Il mondo tenebroso invece non ha voluto conoscere Dio perché ha rifiutato la luce di Cristo e quindi non può giungere a Dio, perché nessuno va al Padre se non per mezzo del Figlio (Gv 8,19.39ss; 14,6ss). L'uomo Gesù ha riconosciuto il Padre per esperienza diretta e in maniera vitale. I suoi discepoli si sono inseriti in questa corrente di luce aprendosi alla fede nell'Inviato di Dio (v.25). Nelle battute finali Gesù riprende la tematica della rivelazione del nome del Padre ai suoi amici (17,6.26). La manifestazione passata della rivelazione ("ho manifestato loro il tuo nome") ricorda il ministero pubblico di Gesù fino allo scoccare dell'"ora" presente. La manifestazione futura ("lo manifesterò") riguarda gli avvenimenti finali della vita terrena di Cristo, ossia la sua glorificazione con la passione, morte, risurrezione e ascensione. 
L' "ora" di Gesù costituisce la manifestazione piena e definitiva del nome del Padre, della manifestazione del suo amore, del do no dell'amore di Dio ai discepoli. L'amore del Padre per i credenti è concesso in occasione dell'esaltazione suprema del Figlio (v.26). 
Padre Lino Pedron
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Insegnami a trattare tuo Figlio!

Se non frequenti Cristo nell'orazione e nel Pane, come potrai farlo conoscere? (Cammino, 105) 


Cerca di ringraziare Gesù nell'Eucaristia, cantando lodi alla Madonna, la Vergine pura, senza macchia, colei che ha messo al mondo il Signore. — E, con audacia di bambino, azzàrdati a dire a Gesù: mio dolce Amore, sia benedetta la Madre che ti ha messo al mondo! Sii certo che gli farai piacere, ed Egli infonderà nella tua anima un amore ancora più grande. (Forgia, 70) 


 Cerca Dio nel fondo del tuo cuore pulito, puro; nel fondo della tua anima quando gli sei fedele, e non perdere mai questa intimità! 
 — E se qualche volta non sai come parlargli, o che cosa dire, o non osi cercare Gesù dentro di te, rivolgiti a Maria, “tota pulchra” — tutta pura, meravigliosa —, per confidarle: Maria, Madre nostra, il Signore ha voluto che fossi tu, con le tue mani, a prenderti cura di Dio: insegnami — insegna a tutti noi — a trattare tuo Figlio! (Forgia, 84)
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Preghiera del mattino del 24/V/2012

Signore Gesù, che preghi il Padre per l'unità dei tuoi fratelli ancora divisi, ti ringraziamo per il dono dell'unità che continuamente ci elargisci: il dono della tua presenza supplice, il dono dello Spirito Santo che alimenta ed accorda i carismi nella Chiesa. 
Accresci in noi la fede nella tua preghiera onnipotente e nell'azione dello Spirito Santo, affinché possiamo diventare docili ed efficaci strumenti della tua unità che salva il mondo.
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mercoledì 23 maggio 2012

Siano una cosa sola, come noi

Gv 17,11-19 
Io non sono più nel mondo; essi invece sono nel mondo, e io vengo a te. Padre santo, custodiscili nel tuo nome, quello che mi hai dato, perché siano una sola cosa, come noi. Quand'ero con loro, io li custodivo nel tuo nome, quello che mi hai dato, e li ho conservati, e nessuno di loro è andato perduto, tranne il figlio della perdizione, perché si compisse la Scrittura. Ma ora io vengo a te e dico questo mentre sono nel mondo, perché abbiano in se stessi la pienezza della mia gioia. Io ho dato loro la tua parola e il mondo li ha odiati, perché essi non sono del mondo, come io non sono del mondo. Non prego che tu li tolga dal mondo, ma che tu li custodisca dal Maligno.Essi non sono del mondo, come io non sono del mondo. Consacrali nella verità. La tua parola è verità. Come tu hai mandato me nel mondo, anche io ho mandato loro nel mondo; per loro io consacro me stesso, perché siano anch'essi consacrati nella verità. 

Nei vv.11-12 di questo brano Gesù afferma per due volte che il Padre gli ha donato il suo nome. Ciò significa che "donando il suo nome al Figlio, il Padre si fa conoscere da lui come Padre e nello stesso tempo si dona a lui in un amore eterno" (De La Potterie). 
La prima conseguenza benefica della protezione del Padre verso i credenti è la loro unione profonda fondata e modellata sull'unità del Padre e del Figlio. Questa tematica dell'unità è toccata di sfuggita in questo passo; essa sarà uno degli argomenti più importanti del brano che seguirà (Gv 17,21-26). Gesù, con le sue cure di buon Pastore (Gv 10,11ss), ha impedito la perdizione dei suoi amici, anzi ha operato la loro salvezza (Gv 3,16-17) e ha donato loro la vita in abbondanza (Gv 10,10). 
Il Cristo però riconosce che in tale opera di salvezza si è verificata un'eccezione per "il figlio della perdizione", Giuda. L'evangelista ha già descritto il suo tradimento, l'invasamento diabolico e l'ingresso nel regno di satana (Gv 13,21.30). Per Giovanni il traditore è un diavolo (Gv 6,70), quindi è votato alla rovina. Il tradimento di Giuda però non appare senza significato nel piano della salvezza: egli doveva compiere la Scrittura. Probabilmente si allude al Salmo 41,10: "Anche l'amico in cui confidavo, anche lui, che mangiava il mio pane, alza contro di me il suo calcagno". Gesù prega il Padre per gli amici che sta per lasciare nel mondo e aggiunge che lo scopo della sua preghiera è favorire la gioia piena dei discepoli. Per essi il sapersi affidati al nome paterno di Dio, alle mani forti e amorose del Padre, deve essere fonte di gioia perfetta e di pace profonda. 
Gesù ha custodito gli amici nel nome del Padre donando loro la sua parola (v.14), cioè donando loro la rivelazione totale e definitiva di Dio. I discepoli quindi sono stati illuminati dalla parola di Gesù: per questa ragione il mondo tenebroso li ha odiati. I credenti non fanno più parte del mondo e per questo motivo il mondo li odia. Nonostante l'odio delle tenebre contro i credenti, Gesù non chiede al Padre di toglierli dal mondo, ma lo prega di custodirli dal maligno. Dio custodirà i discepoli nel suo nome santo (v.11), preservandoli dall'influsso del demonio e del male (v.5), cioè santificandoli nella verità (v.17). - La santità piena e perfetta è posseduta dall'unico uomo senza peccato (Gv 8,46; Eb 4,15; 7,26), santificato dal Padre e inviato nel mondo (Gv 10,36); egli è il Santo di Dio (Gv 6,69), è l'unica persona che appartiene totalmente a Dio. 
La santità dei cristiani invocata da Gesù nei vv.17 e 19 dev'essere intesa come fedeltà piena al patto d'amore sancito nel sangue di Cristo, vivendo da autentici figli di Dio, da proprietà esclusiva del Padre. Il Padre opera la santificazione dei credenti nella sua parola e per mezzo della sua parola. La verità, che è la rivelazione totale e definitiva del nome, della persona del Padre, costituisce l'ambiente vitale nel quale i cristiani de vono essere santificati. Questa parola, questa verità è il Cristo. 
Il Padre santifica i credenti per mezzo del Figlio, Parola di Dio. La santificazione è quindi la vita di comunione filiale con Dio per mezzo di Cristo. Essere santificati nella verità significa essere custoditi nella vita filiale, nella comunione con il Padre, per mezzo della nostra comunione con il Figlio che è unito al Padre. Una delle conseguenze più immediate della santificazione dei discepoli è la loro abilitazione alla missione. Come il Figlio è stato santificato e inviato nel mondo (Gv 10,36), così i credenti possono essere inviati nel mondo da Gesù (v.18) perché il Padre li santifica nella verità (vv.17 e 19). Gesù santifica se stesso "nella verità" come i discepoli, cioè rivelando il nome del Padre, adempiendo la sua missione di Inviato di Dio. 
Gesù si santifica per i suoi discepoli per salvarli. La santificazione salvifica di Gesù a favore dei credenti è orientata verso l'offerta della sua vita sul Calvario. La rivelazione dell'amore paterno di Dio, attraverso il dono del Figlio all'umanità, opera la salvezza e la santificazione dei credenti, i quali potranno vivere in comunione piena con il Padre lasciandosi guidare in tutto dalla sua volontà, partecipando così alla santità di Cristo, causa, fondamento e modello di quella dei discepoli. 
Padre Lino Pedron
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Preghiera del mattino del 23/V/2012

Padre buono, accolgo questo giorno dalle tue mani, con la fiducia di un bambino. 
Solo per te, per te presente nei miei prossimi, siano i pensieri e le opere. 
E aiutaci, come Gesù ci ha insegnato, a sentirci con lui tutti figli tuoi e a comportarci da fratelli gli uni degli altri. 
La mia preghiera si unisce a quella del tuo Figlio Gesù, per chiederti, con lui e in lui, quella unità di tutti che è un riflesso della sua unità con te. 
E che io possa essere nel mondo, oggi, un raggio del tuo amore che illumina e riscalda i cuori degli uomini.
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martedì 22 maggio 2012

Padre, glorifica il Figlio tuo

Gv 17,1-11 
Così parlò Gesù. Poi, alzàti gli occhi al cielo, disse: «Padre, è venuta l'ora: glorifica il Figlio tuo perché il Figlio glorifichi te. Tu gli hai dato potere su ogni essere umano, perché egli dia la vita eterna a tutti coloro che gli hai dato. Questa è la vita eterna: che conoscano te, l'unico vero Dio, e colui che hai mandato, Gesù Cristo. Io ti ho glorificato sulla terra, compiendo l'opera che mi hai dato da fare. E ora, Padre, glorificami davanti a te con quella gloria che io avevo presso di te prima che il mondo fosse. Ho manifestato il tuo nome agli uomini che mi hai dato dal mondo. Erano tuoi e li hai dati a me, ed essi hanno osservato la tua parola. Ora essi sanno che tutte le cose che mi hai dato vengono da te,  perché le parole che hai dato a me io le ho date a loro. Essi le hanno accolte e sanno veramente che sono uscito da te e hanno creduto che tu mi hai mandato.  Io prego per loro; non prego per il mondo, ma per coloro che tu mi hai dato, perché sono tuoi. Tutte le cose mie sono tue, e le tue sono mie, e io sono glorificato in loro. Io non sono più nel mondo; essi invece sono nel mondo, e io vengo a te. Padre santo, custodiscili nel tuo nome, quello che mi hai dato, perché siano una sola cosa, come noi. 

Tra i due lunghi discorsi dell'addio e il racconto della passione, Giovanni inserisce una solenne preghiera di Gesù al Padre. Questa preghiera è stata chiamata "sacerdotale" perché presenta Gesù come il sommo sacerdote che intercede per i suoi fratelli (1Gv 2,1-2; Rm 8,34; Eb 4,15; 7,25). 
Ciò nonostante, la preghiera di Gesù è segnata profondamente dallo scoccare della sua "ora" (v.1): la glorificazione del Figlio, la protezione paterna dei discepoli e l'unità dei credenti. Il genere letterario di questa preghiera rientra negli schemi dei testamenti o discorsi di addio dei patriarchi (Dt 32 e 33, ecc.). 
In questo capitolo Gesù esprime le sue ultime volontà in forma di preghiera al Padre. L'uso del verbo "voglio" (v.24) conferma il valore di testamento spirituale di questo capitolo. La sublime preghiera del capitolo 17 chiude il vangelo di Giovanni prima del racconto della passione, morte e risurrezione di Gesù. Per il suo carattere poetico forma una grande inclusione con il prologo. Il Cristo prega il Padre elevando gli occhi al cielo come aveva fatto prima di risuscitare Lazzaro (Gv 11,41); il cielo, nel linguaggio degli antichi, è considerato il luogo della dimora di Dio. 
Gesù chiede al Padre di glorificare il Figlio suo perché l'"ora" è giunta, ossia è già iniziata la parte finale della sua vita, nella quale egli è glorificato con la sua passione, morte e risurrezione. In questo testo si afferma che è il Padre l'autore di questa glorificazione e che la glorificazione del Figlio è contemporaneamente la glorificazione del Padre. 
Gesù glorifica il Padre compiendo l'opera di rivelazione e di salvezza affidatagli dal Padre. Ha ricevuto la missione di donare la vita eterna a tutti gli uomini che vorranno diventare suoi discepoli. Nel v.3 è proclamato in che cosa consista la vita eterna: nel conoscere l'unico vero Dio e colui che egli ha mandato, Gesù Cristo. Questa conoscenza deve essere intesa in senso biblico, come sinonimo di comunione vitale, intima, profonda. La vita eterna consiste nella comunione con il Padre e con il Figlio suo. Gesù, alla fine della sua missione rivelatrice, proclama di aver glorificato il Padre sulla terra portando a termine in modo perfetto l'opera affidatagli da Dio. 
Quest'opera di rivelazione e di salvezza raggiunge il compimento pieno e perfetto sulla croce (Gv 19,28.30). Qui l'amore di Gesù per i suoi amici raggiunge la perfezione. Il Verbo di Dio, prima dell'incarnazione, possedeva la gloria divina, frutto dell'amore eterno del Padre (Gv 17,24). Assumendo la natura umana nella sua fragilità e debolezza (Gv 1,14), il Figlio di Dio occultò la sua gloria divina (Fil 2, 6-7) e la manifestò a sprazzi durante la sua vita terrena (Gv 1,14; 2,11; Lc 9,31). La gloria divina sarà comunicata alla natura umana del Figlio di Dio, in tutto il suo splendore, con la sua esaltazione sulla croce e con la sua risurrezione e ascensione al cielo. 
Dal v. 6 in avanti Gesù parla degli uomini che il Padre gli ha dato dal mondo. I discepoli sono uno dei doni più preziosi concessi da Dio a suo Figlio; essi sono proprietà del Padre, ma sono stati dati a Gesù. A questi amici il Cristo ha rivelato il nome del Padre e continuerà a manifestarlo affinché il suo amore sia in essi (Gv 17,26). Il Figlio è la manifestazione dell'amore di Dio per l'umanità (Gv 3,16). Il nome del Padre indica la persona di Dio in quanto Padre, che è la fonte della vita divina del Figlio. Dinanzi alla manifestazione di Dio come Padre, i discepoli hanno reagito custodendo la sua parola, cioè credendo in modo concreto e dimostrando di amare seriamente il Padre. Gesù ha ricevuto tutto in dono dal Padre e ha donato tutto ai discepoli. 
La fede dei discepoli ha per oggetto anche l'origine divina di Gesù mandato dal Padre: essi hanno creduto che egli è uscito dal Padre ed è stato inviato da lui (v.8). Gesù precisa che la sua preghiera è per i credenti e non per il mondo tenebroso, perché esso si esclude da solo dalla vita e dalla salvezza rifiutando volontariamente la rivelazione del Figlio di Dio. 
Gesù non prega per il mondo, inteso come la personificazione delle potenze occulte del male che lottano contro il Padre e contro il suo Inviato. Egli prega invece per i suoi, perché li ama di un amore fortissimo e concreto (Gv 13,1). Li affida al Padre affinché li custodisca nel suo nome, perché sono sua proprietà: il Padre e il Figlio hanno tutto in comune. Come il Padre è glorificato nel Figlio (Gv 13, 31-32; 14, 13), così il Figlio è glorificato nei discepoli (Gv 17,10) attraverso la loro testimonianza, resa possibile dall'azione dello Spirito Santo nel loro cuore (Gv 15,26-27). 
In questo modo Gesù sarà glorificato dallo Spirito della verità (Gv 16,14). Gesù rivolge la sua preghiera al Padre a favore degli amici che rimangono nel mondo mentre egli torna al Padre. 
L'espressione "Padre santo" è esclusiva di questa preghiera sacerdotale e indica la trascendenza increata di Dio, la sua essenza, la sua maestà rivelata nella gloria. Il nome santo del Padre "è come un tempio, come un luogo nel quale Gesù domanda che i credenti siano custoditi" (De La Potterie). Con tale protezione Dio si manifesta come Padre e si fa conoscere come il Santo, il Dio trascendente e onnipotente. 
Padre Lino Pedron
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Preghiera a Santa Rita

O cara Santa Rita, nostra Patrona anche nei casi impossibili e Avvocata nei casi disperati, fate che Dio mi liberi dalla mia presente afflizione......., e allontani l'ansietà, che preme così forte sopra il mio cuore. 


Per l'angoscia, che voi sperimentaste in tante simili occasioni, abbiate compassione della mia persona a voi devota, che confidentemente domanda il vostro intervento presso il Divin Cuore del nostro Gesù Crocifisso. 


O cara Santa Rita, guidate le mie intenzioni in queste mie umili preghiere e ferventi desideri. 


Emendando la mia passata vita peccatrice e ottenendo il perdono di tutti i miei peccati, ho la dolce speranza di godere un giorno Dio in paradiso insieme con voi per tutta l'eternità. Così sia. 


Santa Rita, Patrona dei casi disperati, pregate per noi. 
Santa Rita, Avvocata dei casi impossibili, intercedete per noi


3 Pater, Ave e Gloria. 
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Preghiera del mattino del 22/V/2012

Anch'io, o Padre, come il Figlio tuo, Gesù Cristo, innalzo a te la mia preghiera all'inizio di un nuovo giorno, dono del tuo amore. 
Fa' che, oggi, come lui, io glorifichi te, compiendo l'opera che come uomo e come cristiano tu mi hai dato da fare. 
Che possa anch'io come lui far conoscere il tuo nome a quanti oggi incontrerò sul mio cammino, con il coraggio dell'annunzio e con la forza della testimonianza. 
Sono tuoi, ma in Cristo li hai dati anche a me.
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Richiesta di preghiere 12/2012

25) Giampietro dal Veneto: 
Fratelli e Sorelle vi prego pregate per me , non son capace di trovare lavoro........................ DIO VI BENEDICA 


26) Rosa e Marius da Milano: 
Sotto la tua misericordia cerchiamo rifugio, o Madre di Dio. Non disprezzare le suppliche di noi che siamo in difficoltà, ma liberaci dal pericolo, tu che sei la sola pura e la sola benedetta. Madre Santa, io Rosa **** e Marius **** ti chiediamo di intercedere presso il Tuo amato Figlio Gesù affinche si spezzino le maledizioni, le negatività e le fatture a morte che anime lontane da Dio Padre Onnipotente ci lanciano costantemente. Noi siamo figli di Dio e tali vogliamo rimanere...niente e nessuno ci strapperà da LUI!!! Aiutaci a crescere nella santità , aumenta la nostra fede e trasformaci a Tuo modo con il Tuo amore per essere graditi al Padre e al Figlio. Grazie 


27) Calogero: 
Fratelli, pregate affichè Gesù, per le mani di Maria, sciolga le angoscie sentimentali che mi lacerano da qualche tempo e possa prendere in serenità e sicurezza una decisione secondo Volontà di Dio sulla mia attuale storia sentimentale, per la quale nutro dubbi e paure, non so se fondati o meno... Grazie e che Dio ci benedica! 


28) Piera dal Lazio: 
Chiedo preghiere per mio padre Antonio 


29) Marcella dall'Emilia-Romagna: 
santa madonnina io ti prego, ti supplico e ti imploro con tutta la mia fede di fare tornare da me il mio amato simone di cui purtroppo mi ha lasciata e ne sono davvero immensamente addolorata...ti prego [...] concedimi la grazia di aspettare finalmente un figlio dal mio amato simone aiutandolo così a ritrovare il forte sentimento per me e riunirsi a me condividendo la gioia in fondo da tempo desiderata da me e lui di diventare genitori dl nostro primo figlio...madonnina ti prego con tutta me stessa ad ogni modo fai che il mio amato simone torni presto da me...fratelli e sorelle vi supplico di pregare per me la madonna perché mi conceda la grazia di cui il mio cuore ha bisogno tornado ad ogni modo insieme al mio amato simone; pregate la madonna per il suo ritorno ma me; so che in fondo io sarò sempre nel suo cuore e io lo amo e lo desidero davvero immensamente e lui è stato,! è e sarà sempre parte di me...per favore pregate per me la madonna...con tanta fede marcella 


30) Antonella: 
Madre Santa intercedi presso il Padre e donami la grazia di guarire dalla depressione mio marito Massimo. Sta male, allunga la mano su di lui, fagli sentire il tuo Amore, liberalo dal male e guariscilo subito per sempre. A te nulla e' impossibile. Madre mia e Madre nostra, imtercedi presso il Padre perche' voglio per tua Grazia la guaeigione del cugino Kik in quanto alcolizzato. Vive in Olanda. Stendi la tua mano su di lui e guariscili. Non permettere gesti estremi! Confido in te. Antonella
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lunedì 21 maggio 2012

Abbiate coraggio: io ho vinto il mondo!

Gv 16,29-33 
Gli dicono i suoi discepoli: «Ecco, ora parli apertamente e non più in modo velato. Ora sappiamo che tu sai tutto e non hai bisogno che alcuno t'interroghi. Per questo crediamo che sei uscito da Dio». Rispose loro Gesù: «Adesso credete? Ecco, viene l'ora, anzi è già venuta, in cui vi disperderete ciascuno per conto suo e mi lascerete solo; ma io non sono solo, perché il Padre è con me.  Vi ho detto questo perché abbiate pace in me. Nel mondo avete tribolazioni, ma abbiate coraggio: io ho vinto il mondo!». 

In questo brano il linguaggio di Gesù è giudicato chiaro dai discepoli. Il fatto che Gesù conosca tutti i pensieri prima che siano espressi suscita la loro professione di fede nella sua onniscienza e nella sua origine divina. Essi credono di avere compreso il segreto della persona di Gesù e di possedere una fede adulta in Dio, ma il Maestro non si lascia lusingare da questa professione di fede, anzi prende motivo da essa per predire l'imminente defezione dei discepoli durante il suo arresto: essi non crederanno più e torneranno ai loro interessi, abbandonandolo. Gesù, però, nonostante l'abbandono dei discepoli, non rimane solo, perché è sempre unito al Padre: egli è una cosa sola con il Padre (Gv 10,30.38). 
Al termine del discorso Gesù ritorna sul tema della gioia e della sofferenza dei discepoli per invitarli alla fiducia: la vittoria finale sarà del Cristo e dei suoi amici. 
Gesù ha vinto il mondo, disarmandolo con l'amore: alle ricchezze ha preferito la povertà, agli onori l'umiltà, la croce e la trasparenza di vita. Egli ha scelto ciò che conta nella vita e non l'effimero. "Abbiate fiducia; io ho vinto il mondo!". Con questo grido di vittoria termina il secondo e ultimo discorso di Gesù nell'ultima cena. 
Padre Lino Pedron
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Il trono di Maria è la Croce

Ammira la fortezza della Madonna: ai piedi della Croce, con il più grande dei dolori umani —non c'è dolore come il suo dolore— piena di fortezza. —Chiedile questo vigore, per saper stare anche tu presso la Croce. (Cammino, 508) 


 Maestra di speranza. Maria annuncia che tutte le generazioni la chiameranno beata [Cfr Lc 1, 48]. Umanamente parlando, su quali motivi poggiava questa speranza? Chi era Lei, per gli uomini e per le donne del suo tempo? Le grandi eroine del Vecchio Testamento — Giuditta, Ester, Debora — ebbero già su questa terra una gloria umana, furono acclamate dal popolo, esaltate. Il trono di Maria, come quello di suo Figlio, è la Croce. E per tutto il resto della sua vita, fino a quando è assunta in Cielo in corpo e anima, è la sua silenziosa presenza a impressionarci. San Luca, che la conosceva bene, annota che la Madonna è accanto ai primi discepoli, in preghiera. Così conclude i suoi giorni terreni colei che doveva essere lodata da tutte le creature per l'eternità. 
Quale contrasto tra la speranza della Madonna e la nostra impazienza! Spesso reclamiamo a Dio l'immediato pagamento del poco bene che abbiamo compiuto. Appena sorge la prima difficoltà, ci lamentiamo. Siamo, molto sovente, incapaci di reggere lo sforzo, di mantenere la speranza. Perché non abbiamo fede: Beata colei che ha creduto! Perché si compiranno le cose predette dal Signore [Lc 1, 45]. (Amici di Dio, 286)
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Preghiera del mattino del 21/V/2012

Mio amato e buon Gesù, eccomi prostrato alla tua santissima presenza; ti prego, accendi il mio cuore di sentimenti di fede, di speranza, di carità, di dolore dei miei peccati, e di proponimento di non offenderti. 
Con tutto l'amore e tutta la compassione considero le tue cinque Piaghe cominciando, o Gesù mio, da ciò che disse di te il santo profeta Davide: "Hanno trapassato le mie mani e i miei piedi, hanno contato tutte le mie ossa".
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domenica 20 maggio 2012

Il Signore fu elevato in cielo e sedette alla destra di Dio

Mc 16,15-20 
E disse loro: «Andate in tutto il mondo e proclamate il Vangelo a ogni creatura. Chi crederà e sarà battezzato sarà salvato, ma chi non crederà sarà condannato. Questi saranno i segni che accompagneranno quelli che credono: nel mio nome scacceranno demòni, parleranno lingue nuove, prenderanno in mano serpenti e, se berranno qualche veleno, non recherà loro danno; imporranno le mani ai malati e questi guariranno». Ascensione di Gesù e missione dei discepoli Il Signore Gesù, dopo aver parlato con loro, fu elevato in cielo e sedette alla destra di Dio. Allora essi partirono e predicarono dappertutto, mentre il Signore agiva insieme con loro e confermava la Parola con i segni che la accompagnavano.


La finale del vangelo di Marco insiste sulla missione di portare il vangelo in tutto il mondo, unendo strettamente la testimonianza della parola a quella delle opere, dei segni. 
Con l'esortazione alla missione universale si congiunge l'affermazione che per la salvezza sono richiesti la fede e il battesimo. 
Inoltre agli annunciatori del vangelo viene promesso che la loro predicazione missionaria sarà sostenuta e confermata dai miracoli compiuti da Gesù risorto. La trasmissione delle parole di Gesù è al centro del testo e ha lo scopo di fare cristiani tutti i popoli. La missione, l'andare da tutti gli uomini, è un incarico che va capito bene. Se la missione è trasmettere agli uomini la parola di Gesù e le sue direttive per fare di loro, mediante il battesimo, dei discepoli, ciò esclude due malintesi. 
Il primo è il malinteso della rivendicazione del potere politico. Una concezione utopistica è quella di W. Soloviev che ritiene il regno di Dio come uno stato teocratico in questo mondo, e vede questa concezione radicata nella volontà di Gesù. Sulla terra vi sarebbe un unico potere, e questo non apparterebbe a Cesare, ma a Gesù Cristo. L'altro malinteso è la relativizzazione dell'incarico missionario, che arriva a sostenere che il compito dell'evangelizzazione consiste nell'aiutare i buddisti a diventare buddisti migliori, i musulmani a diventare più ferventi musulmani, e via dicendo. 
Il dialogo necessario con le religioni mondiali non elimina la necessità dell'annuncio e della testimonianza, della fede cristiana e del battesimo. E' il Cristo risorto al quale è stato dato ogni potere in cielo e in terra (cfr Mt 18,28), che manda i cristiani a predicare il vangelo ad ogni creatura. La missione è necessaria per volontà di Dio, il quale ha risuscitato Gesù Cristo dai morti. 
Padre Lino Pedron 
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sabato 19 maggio 2012

Il Padre vi ama, perché voi avete amato me e avete creduto

Gv 16,23-28 
Quel giorno non mi domanderete più nulla. In verità, in verità io vi dico: se chiederete qualche cosa al Padre nel mio nome, egli ve la darà. Finora non avete chiesto nulla nel mio nome. Chiedete e otterrete, perché la vostra gioia sia piena. Queste cose ve le ho dette in modo velato, ma viene l'ora in cui non vi parlerò più in modo velato e apertamente vi parlerò del Padre. In quel giorno chiederete nel mio nome e non vi dico che pregherò il Padre per voi: il Padre stesso infatti vi ama, perché voi avete amato me e avete creduto che io sono uscito da Dio. Sono uscito dal Padre e sono venuto nel mondo; ora lascio di nuovo il mondo e vado al Padre».

La situazione degli amici di Gesù durante la sua passione e morte sarà simile a quella della partoriente, la quale dopo le doglie sperimenta una gioia tanto grande da dimenticare il travaglio del parto. Come la gioia della maternità fa dimenticare le doglie del parto, così il ritorno del Signore risorto tra i suoi sarà fonte di una gioia grande e perfetta, che nessuno potrà mai togliere ai suoi discepoli. 
Nel giorno della risurrezione gli apostoli non sentiranno il bisogno di domandare spiegazioni a Gesù perché le loro numerose domande sul suo imminente ritorno al Padre (Gv 13,36-37; 14,15ss; ecc.) avranno ottenuto una risposta soddisfacente nel fatto, del tutto inatteso, della risurrezione. Tuttavia se i discepoli faranno delle richieste al Padre, questi le esaudirà nel nome del Figlio. Le preghiere dei cristiani saranno ascoltate se saranno conformi alla volontà del Signore (1Gv 5, 14), perché Dio ama gli amici di Gesù (Gv 16,17). Per questa ragione egli esorta i discepoli a rivolgere richieste al Padre nel nome di Cristo affinché la loro gioia sia piena e perfetta. Tale gioia perfetta sarà concessa a chi rimane nell’amore di Cristo (Gv 15,11), a chi vive la sua parola (Gv 17,13). 
Gesù parla di una duplice fase della sua rivelazione: quella presente "in enigmi" e quella futura che sarà chiara, aperta e manifesta. La difficile e oscura rivelazione di Gesù diverrà chiara, aperta e manifesta ai discepoli per opera dello Spirito della verità. Dopo la glorificazione di Gesù, i cristiani rivolgeranno richieste al Padre nel nome del Figlio. Tali suppliche saranno infallibilmente esaudite (Gv 14,13-14; 15,16) perché Dio ama coloro che credono in Gesù. Il Padre ama tutta l’umanità (Gv 3,16), ma in modo speciale le persone che amano suo Figlio (Gv 14,21.23). In tale situazione felice non appare più necessaria la preghiera di intercessione del Signore Gesù perché siano ascoltate dal Padre le richieste dei credenti, in quanto la mediazione di Gesù ha raggiunto il suo scopo, quello di unire i discepoli a Dio. I Dodici non solo amano Gesù, ma hanno creduto nella sua origine divina. 
Giovanni attribuisce molta importanza a questo aspetto della fede, perché lo considera un elemento fondamentale del discepolo autentico (Gv 17,8). Gesù è conscio della sua origine divina (Gv 6,46; 7, 29) e con tale consapevolezza dà inizio alla sua passione (Gv 13,3). Egli è uscito dal Padre per venire nel mondo, ora con la sua morte gloriosa fa ritorno al Padre che l’ha mandato (Gv 16,5). Nel giorno della risurrezione gli apostoli non sentiranno il bisogno di domandare spiegazioni a Gesù perché le loro numerose domande sul suo imminente ritorno al Padre (Gv 13,36-37; 14,15ss; ecc.) avranno ottenuto una risposta soddisfacente nel fatto, del tutto inatteso, della risurrezione. Tuttavia se i discepoli faranno delle richieste al Padre, questi le esaudirà nel nome del Figlio. 
Le preghiere dei cristiani saranno ascoltate se saranno conformi alla volontà del Signore (1Gv 5,14), perché Dio ama gli amici di Gesù (Gv 16,17). Per questa ragione egli esorta i discepoli a rivolgere richieste al Padre nel nome di Cristo affinché la loro gioia sia piena e perfetta. Tale gioia perfetta sarà concessa a chi rimane nell’amore di Cristo (Gv 15,11), a chi vive la sua parola (Gv 17,13). Gesù parla di una duplice fase della sua rivelazione: quella presente "in enigmi" e quella futura che sarà chiara, aperta e manifesta. La difficile e oscura rivelazione di Gesù diverrà chiara, aperta e manifesta ai discepoli per opera dello Spirito della verità. 
Dopo la glorificazione di Gesù, i cristiani rivolgeranno richieste al Padre nel nome del Figlio. Tali suppliche saranno infallibilmente esaudite (Gv 14,13-14; 15,16) perché Dio ama coloro che credono in Gesù. Il Padre ama tutta l’umanità (Gv 3,16), ma in modo speciale le persone che amano suo Figlio (Gv 14,21.23). In tale situazione felice non appare più necessaria la preghiera di intercessione del Signore Gesù perché siano ascoltate dal Padre le richieste dei credenti, in quanto la mediazione di Gesù ha raggiunto il suo scopo, quello di unire i discepoli a Dio. 
I Dodici non solo amano Gesù, ma hanno creduto nella sua origine divina. Giovanni attribuisce molta importanza a questo aspetto della fede, perché lo considera un elemento fondamentale del discepolo autentico (Gv 17,8). Gesù è conscio della sua origine divina (Gv 6,46; 7,29) e con tale consapevolezza dà inizio alla sua passione (Gv 13,3). Egli è uscito dal Padre per venire nel mondo, ora con la sua morte gloriosa fa ritorno al Padre che l’ha mandato (Gv 16,5) 
Padre Lino Pedron
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Novena allo Spirito Santo

1. Spirito Santo, dono di Dio all'anima mia, io rimango attonito per l'emozione e l'ammirazione, pensando a te. Non trovo nulla che possa dire la felicità intima che provo, sapendoti ospite mio dolcissimo e vita divina in me. Come acque inondanti, l'anima è sopraffatta dalla quiete, dall'amore, dalla contemplazione saporosa di te. Io sono stupefatto per tanta degnazione; penso alla tua bellezza, stupenda oltre ogni dire e immaginare; penso alla tua inesauribile ricchezza di grazia, di doni, di virtù, di frutti e beatitudini. Penso alla tua tenera bontà, che ti spinge ad abitare in me. Tu hai tutto, tu puoi tutto, tu mi vuoi dare tutto. Sono in uno stato di ammirazione commossa, nonostante la mia miseria, che mi fa essere l'ultimo della terra. Ti benedico, ti adoro, ti ringrazio, ti chiedo tutto. Dammi tutto, o Spirito Santo. 
Gloria al Padre, al Figlio... 

2. Spirito del Signore e celeste donatore con la più profonda umiltà, ma anche con tutta la forza dei miei ardenti desideri, chiedo che tu mi dia i tuoi santi doni, particolarmente la sapienza e la pietà. Accresci in me questi doni fino al loro sviluppo completo affinché l'anima mia sia docile e obbediente a te, maestro interiore, e io viva abitualmente dei tuoi doni e nella contemplazione intima e soave di te e di tutta la Trinità. 
Gloria al Padre, al Figlio... 

3. Spirito Santo, maestro interiore e santificatore, io ti domando, con insistenza instancabile, che tu voglia istruire il mio intelletto su tutta la verità e parlare al mio cuore, che tu voglia santificarmi, curando l'anima mia come hai curato quella della Madonna, l'Immacolata tua Sposa, dei martiri e dei santi. Io sono avido di santità: non per me, ma per dar gloria a te, maestro dei maestri, gloria alla Trinità, splendore alla Chiesa, esempio alle anime. Non c'è mezzo migliore per essere veri apostoli che essere santi, perché, all'infuori della santità, si conclude ben poco. Spirito Santo ascolta la mia preghiera ed esaudisci i miei ardenti desideri. 
Gloria al Padre, al Figlio... 

4. Spirito Santo, verità e luce beatissima, sento una profonda amarezza nel constatare che tu sei quasi completamente sconosciuto o dimenticato dalla maggior parte di noi. Non ti pensiamo mai, distratti come siamo da tante preoccupazioni, assorbiti dallo spirito del mondo, sbadati e incuranti delle Tue premure e delicatezze. Quale ingratitudine! Gran parte di questa colpa è nostra, che non viviamo questa verità e della quale quasi mai parliamo alle anime. Accogli, Spirito divino, questi miei poveri sentimenti, in riparazione di così deplorevole dimenticanza, e a implorazione di tanta luce per me, per i sacerdoti e per i fedeli. 
Gloria al Padre, al Figlio... 

5. Spirito Santo, amore e soavità del Padre e del Figlio, fiore e profumo della santità di Dio, fuoco divino acceso in me, rendi tutto nuovo il mio cuore; togli ogni macchia e oscurità, brucia ogni impurità, e rendimi conforme all'immagine del Figlio divino. Spirito di fuoco, che ti degni abitare personalmente in me per santificarmi, accendi in me questo fuoco di amore, penetra e investi con la tua fiamma tutta l'anima mia; scaccia ogni affetto disordinato; spingimi a conquiste apostoliche; donami la grazia di essere fiamma, e di ardere di puro ed eterno amore. 
Gloria al Padre, al Figlio... 

6. Spirito di fortezza, che hai dato ai martiri la forza di morire lietamente per la causa di Cristo Signore, infondi in me questo dono divino in tutta la sua intensità. Scuoti il mio torpore e la mia indolenza, rendimi forte nell'intraprendere tutto quello che il Signore mi chiede, senza badare a sacrifici e fatiche, a gloria tua e a beneficio spirituale e materiale di tutti i fratelli. Dammi forza di continuare con ardore, senza stancarmi e senza possibilità di abbandonare, quanto ho cominciato. Dammi coraggio ed energia nel difendere intrepidamente la Chiesa, nell'affermare davanti a tutti l'integrità della fede, e la vera obbedienza al Papa e ai Vescovi. Dammi lo slancio soprannaturale nell'apostolato; che io vi perseveri fino alla fine, a costo di qualunque martirio dell'anima o del corpo. Spirito divino, circondami della tua onnipotenza, sostienimi col tuo vigore, e avvolgimi della tua invincibile fortezza. 
Gloria al Padre, al Figlio... 

7. Spirito di verità e di luce, fiamma e calore della luce, luce beatissima, dirada e disperdi dalla mia mente le ombre dell'errore e del dubbio. Irradia e illumina con perfetta chiarità l'intimo dell'anima. Che io respinga sempre ogni errore; che aderisca fortemente alla verità secondo gli insegnamenti della Chiesa; che cammini nel Tuo splendore. Vestito della Tua santa luce, che io resti sempre nella Tua verità e pura chiarità. 
Gloria al Padre, al Figlio... 

8. O Spirito purificatore, purificami da ogni macchia. Santificami e dammi le virtù di Gesù, le stesse sue intenzioni e disposizioni interiori. Sii in me lo stesso Spirito di Gesù. Spira all'anima mia, verso Gesù, lo stesso amore che il Padre spira al suo divin Figlio e dammi la stessa attrazione che il Padre sente verso il suo diletto e carissimo Figlio Gesù. 
Gloria al Padre, al Figlio... 

9. Spirito Santo, ti supplico di illuminare la mia mente con lumi chiari, necessari per me e per coloro che chiedono da me e di sostenere la mia debole volontà con grazie di amore e di fortezza. Divino santificatore, conducimi alla vetta della santità, attraverso il lavoro continuo, paziente, docile alle tue premure. La santità sei tu e io devo lasciarti vivere in me, assecondando la tua opera di perfezione. Divino rinnovatore, rinnova tutto, rimuovi ogni male, ogni pericolo, ogni cattiveria, rifà tutto nuovo in me, tutto puro, tutto santo. Divino vivificatore, anima della mia anima, dammi la forza di attestare e glorificare sempre, insieme con te, il Figlio divino e di vivere per la sua gloria e morire nel suo amore. Divino donatore, dammi i tuoi doni per contemplare Dio nella luce dei suoi misteri, per comprendere il vero valore della vita e delle cose; e per amare tutti con pura carità, come se già fossi in cielo. Grazie! Amen. 
Gloria al Padre, al Figlio...
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Preghiera del mattino del 19/V/2012

Padre Nostro! Voglio vivere questo giorno come tuo vero figlio. 
Perché so che tu sei mio Padre, e che mi ami; guardami e amami come il tuo proprio Figlio. 
Il tuo amore cambierà il mio cuore, lo renderà più simile a quello del tuo Figlio unigenito e tu potrai amare in me quello che ami in lui. 
Con lui, per lui, ed in lui voglio darti tutto l'onore, la lode e la riconoscenza che tu meriti. 
Il tuo Figlio mi ispira questa preghiera all'alba di questo nuovo giorno. 
Sono sicuro che sarà ascoltata perché Gesù te la presenta e tu stesso mi conosci e mi ami.
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Sia in ciascuno lo spirito di Maria

Madre mia! Le madri della terra guardano con maggiore predilezione il figlio più debole, il più ammalato, il meno intelligente, il povero storpio... — O Maria!, io so che tu sei più Madre di tutte le madri insieme... — E, siccome sono tuo figlio... E, siccome sono debole, e ammalato... e storpio... e brutto... (Forgia, 234) 


Le madri non contabilizzano i piccoli segni di affetto che i figli riservano loro; non pesano e non misurano con criteri meschini. Una piccola attenzione affettuosa la assaporano come il miele, e subito contraccambiano molto più generosamente di quanto hanno ricevuto. Se tanto fanno le madri sulla terra, figuratevi che cosa ci possiamo attendere da Maria nostra Madre. 
Mi piace ritornare con l'immaginazione agli anni durante i quali Gesù rimase accanto a sua Madre, e che comprendono quasi tutta la vita del Signore sulla terra. Mi piace vederlo piccolo, mentre Maria lo cura, lo bacia e lo fa giocare. Vederlo crescere, sotto gli occhi innamorati di sua Madre e di Giuseppe, suo padre putativo. Immaginate con quanta tenerezza e con quanta delicatezza Maria e il santo Patriarca si saranno occupati di Gesù nella sua infanzia e quanto, in silenzio, avranno appreso continuamente da Lui. Le loro anime dovettero certamente conformarsi all'anima di quel Figlio, Uomo e Dio. Per questo la Madre e, dopo di lei, Giuseppe, conoscono più di chiunque altro i sentimenti del Cuore di Cristo; e sono loro, pertanto, la via migliore e, si può dire, l'unica, per giungere al Salvatore. 
Sia in ciascuno l'anima di Maria a magnificare il Signore — scrive Sant'Ambrogio —; sia in ciascuno l'anima di Maria a esultare in Dio. (Amici di Dio, 280-281)
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venerdì 18 maggio 2012

Nessuno potrà togliervi la vostra gioia

Gv 16,20-23 
In verità, in verità io vi dico: voi piangerete e gemerete, ma il mondo si rallegrerà. Voi sarete nella tristezza, ma la vostra tristezza si cambierà in gioia. La donna, quando partorisce, è nel dolore, perché è venuta la sua ora; ma, quando ha dato alla luce il bambino, non si ricorda più della sofferenza, per la gioia che è venuto al mondo un uomo. Così anche voi, ora, siete nel dolore; ma vi vedrò di nuovo e il vostro cuore si rallegrerà e nessuno potrà togliervi la vostra gioia. Quel giorno non mi domanderete più nulla. In verità, in verità io vi dico: se chiederete qualche cosa al Padre nel mio nome, egli ve la darà. 

La passione e morte del Cristo provocherà pianto e afflizione nel cuore dei discepoli, mentre i suoi avversarti si rallegreranno per la vittoria riportata. 
La tristezza dei discepoli però durerà poco: essa si trasformerà in gioia quando il Signore risorto apparirà loro il giorno di Pasqua (Gv 20,20). 
La situazione degli amici di Gesù durante la sua passione e morte sarà simile a quella della partoriente, la quale dopo le doglie sperimenta una gioia tanto grande da dimenticare il travaglio del parto. 
Come la gioia della maternità fa dimenticare le doglie del parto, così il ritorno del Signore risorto tra i suoi sarà fonte di una gioia grande e perfetta, che nessuno potrà mai togliere ai suoi discepoli. 
Padre Lino Pedron
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