mercoledì 2 maggio 2012

Io sono venuto nel mondo come luce

Gv 12,44-50 
Gesù allora esclamò: «Chi crede in me, non crede in me ma in colui che mi ha mandato; chi vede me, vede colui che mi ha mandato. Io sono venuto nel mondo come luce, perché chiunque crede in me non rimanga nelle tenebre. Se qualcuno ascolta le mie parole e non le osserva, io non lo condanno; perché non sono venuto per condannare il mondo, ma per salvare il mondo. Chi mi rifiuta e non accoglie le mie parole, ha chi lo condanna: la parola che ho detto lo condannerà nell'ultimo giorno. Perché io non ho parlato da me stesso, ma il Padre, che mi ha mandato, mi ha ordinato lui di che cosa parlare e che cosa devo dire. E io so che il suo comandamento è vita eterna. Le cose dunque che io dico, le dico così come il Padre le ha dette a me».

L'incredulità degli uni e la fede troppo imperfetta degli altri danno a Gesù l'occasione per un ultimo appello. Egli grida che la fede nella sua persona è in realtà rivolta a Dio: l'oggetto primario della fede è il Padre che ha mandato nel mondo il suo Figlio unigenito (Gv 5,24). 
Gesù e il Padre formano una cosa sola, per cui chi contempla Gesù contempla il Padre che l'ha mandato (v. 45) e chi vede Gesù vede il Padre (Gv 14,9). Gesù è la luce dell'umanità che giace nelle tenebre (v. 46); egli è venuto nel mondo per rivelare l'amore del Padre e salvare l'umanità peccatrice (Gv 3,16-19). La liberazione dalle tenebre del male è frutto della fede in Gesù. Ma questa fede non consiste in un ascolto superficiale, ma nell'osservanza dei comandamenti di Gesù (Gv 14,15.21; 1Gv 5,2-3). 
Chi dice di conoscere Cristo, ma non osserva i suoi comandamenti, è un bugiardo (1Gv 2, 4). Gesù non è venuto per condannare il mondo, ma per salvarlo (v. 47). Chi però non accoglie il Salvatore, rimane privo della salvezza, si autoesclude colpevolmente dalla salvezza. Chi non ascolta in modo efficace le rivelazione di Cristo, accogliendo le sue parole, mostra disprezzo per il Figlio di Dio. 
La conseguenza del rifiuto del Cristo è il giudizio di condanna nell'ultimo giorno da parte della Parola rivelatrice (v. 48). La parola di Gesù sarà il giudice definitivo, perché il Verbo di Dio non ha portato una sua rivelazione personale, ma ha manifestato la volontà del Padre (v. 49). 
Gesù esegue il comando del Padre, perché sa che tale obbedienza è fonte di vita eterna (v. 50). Egli è la parola di Dio, è la manifestazione vivente della vita d'amore del Padre. L'ultima parola del discorso finale della rivelazione pubblica di Gesù è il termine lalèin (che significa dire) che fa inclusione con l'espressione iniziale "In principio era il Verbo (lògos)" (Gv 1,1). Questa figura letteraria vuole sottolineare che uno dei temi centrali trattati nei primi dodici capitoli del vangelo di Giovanni è la manifestazione della vita divina ad opera del Verbo incarnato. Il Figlio di Dio è il Verbo rivelatore che dice, esprime, rivela il Padre. 
Padre Lino Pedron
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