venerdì 31 agosto 2012

Ogni vicissitudine è per condurci al bene

Il dominio di sé, la mitezza, la castità, la solidità di carattere, la pazienza insieme alle altre virtù sono le armi date da Dio per resistere alle prove ed aiutarci nel combattimento spirituale. 
Addestrandoci in esse e mantenendoci pronti alla pugna, nessun contrasto, per quanto aspro, grave, devastatore e intollerabile ci apparirà invincibile. 
Chi non possiede saggezza, mai pensa che ogni vicissitudine è per condurci al bene; la prova, manifesta le nostre virtù e ci rende degni di essere coronati da Dio.

S. ANTONIO ABATE

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Preghiera alla Misericordia di Dio

Benedetto sei tu Signore, per l’amore infinito che nutri
per i piccoli e gli ultimi della terra.
A te rivolgo la mia preghiera
e affido il mio tormento e il mio dolore per
i bambini cui viene impedito, per mezzo dell’aborto,
il diritto di nascere;
per le piccole, indifese e innocenti vittime
della brutale violenza umana;
per le donne e gli uomini che soffrono
per la loro infertilità di coppia;
per i genitori, impegnati nel quotidiano
e spesso difficile compito educativo;
per quanti, in famiglia, vivono il dramma della malattia,
del lutto, della separazione e della dipendenza;
e per quanti amano la vita, perché nulla abbia a piegare
la loro fede cristiana o a spegnere in loro la Grazia di Dio.
Signore,
ti ringrazio per tutto l’amore con cui avvolgi la mia vita.
Aiutami
a confidare sempre nel tuo amore misericordioso,
Tu che sei vera Pace e vero Bene.
Amen

[accompagnati da Fra Dionisio Filippi]
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Le risposte di Dio

Cercate di comprendere quali siano le risposte di Dio alle vostre domande. 
Credete forse che Egli non parli perché non ne udiamo la voce? 
Quando è il cuore che prega, Egli risponde. 

(S. Teresa d'Avila)
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Ecco lo sposo! Andategli incontro!

Mt 25,1-13 
Allora il regno dei cieli sarà simile a dieci vergini che presero le loro lampade e uscirono incontro allo sposo. Cinque di esse erano stolte e cinque sagge; le stolte presero le loro lampade, ma non presero con sé l'olio; le sagge invece, insieme alle loro lampade, presero anche l'olio in piccoli vasi. Poiché lo sposo tardava, si assopirono tutte e si addormentarono. A mezzanotte si alzò un grido: «Ecco lo sposo! Andategli incontro!». Allora tutte quelle vergini si destarono e prepararono le loro lampade. Le stolte dissero alle sagge: «Dateci un po' del vostro olio, perché le nostre lampade si spengono». Le sagge risposero: «No, perché non venga a mancare a noi e a voi; andate piuttosto dai venditori e compratevene». Ora, mentre quelle andavano a comprare l'olio, arrivò lo sposo e le vergini che erano pronte entrarono con lui alle nozze, e la porta fu chiusa. Più tardi arrivarono anche le altre vergini e incominciarono a dire: «Signore, signore, aprici!».Ma egli rispose: «In verità io vi dico: non vi conosco». Vegliate dunque, perché non sapete né il giorno né l'ora. 

La storia raccontata in questo pezzo di vangelo ci presenta dieci ragazze che attendono lo sposo. Chi è lo sposo e chi sono le dieci ragazze? Lo sposo è Cristo, le dieci ragazze sono la comunità cristiana. 
La storia non parla della sposa, perché le dieci ragazze sono la sposa e attendono l'arrivo non di uno sposo, ma del loro sposo. 
Queste dieci ragazze sono la sposa di Cristo, la Chiesa (cfr Ef 5,22-32). Queste dieci ragazze si dividono in due categorie: cinque sono sagge e cinque sono stolte. 
In che cosa si manifesta la saggezza delle prime cinque? Hanno calcolato che l'attesa dello sposo sarebbe andata per le lunghe: per questo" insieme con le lampade, presero anche dell'olio in piccoli vasi" (v. 4). 
Avevano capito che la vita ha una durata troppo lunga per poter conservare sempre la stessa carica di fede e di carità senza fare rifornimento. Le lampade accese significano la costante vigilanza che occorre per non perdersi nella notte della dimenticanza e dell'infedeltà in questo mondo. 
Tema di questo racconto è l'attesa del Signore che viene. 
Ciò non significa che la vita presente sia una sala d'attesa della vita eterna, ma che deve essere vissuta come vita responsabilizzata in vista del Signore che viene. 
L'attendere Dio presuppone la fede. 
L'olio delle lampade è la fede con le opere. Le cinque ragazze sagge, che rappresentano i buoni cristiani, non sembrano poi tanto buone, anzi, sembrano decisamente scostanti e cattivelle. Alle amiche stolte che le supplicano: "Dateci del vostro olio, perché le nostre lampade si spengono rispondono: "No, che non abbia a mancare per noi e per voi; andate piuttosto dai venditori e compratevene" (vv.8-9). 
Le ragazze sagge non possono dare il loro olio alle stolte perché nessuno può essere vigilante al posto di un altro, nessuno può amare Cristo al posto di un altro: è un affare personale, è un assegno "non trasferibile". 
Questo racconto istruttivo ha lo scopo di esortare a tenersi pronti all'arrivo del Signore: un arrivo di cui non conosciamo né il giorno né l'ora, ma che non è lontano ed è certissimo e inevitabile. 
Queste ragazze stolte che chiamano Gesù: "Signore, Signore" (v. 11) hanno dimenticato l'insegnamento che egli aveva già impartito al capitolo 7,22-23 di questo vangelo:" Molti mi diranno in quel giorno (il giorno del giudizio finale): Signore, Signore ... Io però dichiarerò loro: Non vi ho mai conosciuti; allontanatevi da me, voi operatori di iniquità". 
Queste parole non condannano la preghiera, non proibiscono di invocare Cristo come "Signore", ma ci insegnano che la preghiera deve essere congiunta alla pratica della vita cristiana. 
Bisogna fare la volontà del Padre, diversamente la preghiera non serve. Nell'attesa del grande giorno della venuta del Signore bisogna vegliare e non comportarsi come i cristiani di Tessalonica che nel prolungarsi dell'attesa della venuta del Signore cominciarono a darsi all'ozio e al vagabondaggio (1Ts 4,11; 2Ts 3,6-12). 
Così le ragazze del racconto evangelico (cioè noi cristiani!) devono essere impegnate, operose e diligenti. Matteo ha dato a questo racconto edificante una conclusione che concorda con la finale del discorso della montagna (Matteo, capitoli 5-6-7). 
Anche là troviamo la contrapposizione tra il saggio e lo stolto. Nel discorso della montagna essere saggio significa: non limitarsi ad ascoltare le parole di Gesù, ma metterle anche in pratica. 
Questa disposizione viene trasferita anche al presente racconto delle dieci ragazze che rappresentano la comunità cristiana. Sono pronti ad andare incontro al Signore quei cristiani che fanno la volontà di Dio come l'ha insegnata Gesù nel discorso della montagna. Vigilare nell'attesa del Signore che viene in maniera improvvisa, vuol dire essere pronti; ed essere pronti significa essere fedeli alla volontà del Padre, facendo quelle opere di amore sulla base delle quali verrà fatto il giudizio finale. 
Questa è la vera "saggezza" cristiana: attuare con perseveranza la volontà del Padre che il Signore Gesù ha definitivamente rivelato. Nella parabola del giudizio finale (Matteo 25,31-46) il Signore ci indicherà dettagliatamente quali sono le opere buone che dobbiamo fare nell'attesa della sua venuta. 
Padre Lino Pedron
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Preghiera del mattino del 31/VIII/2012

Ti ringrazio, Dio di bontà, del fatto che posso di nuovo, al mio risveglio, contemplare il mondo alla luce del sole, che tu hai creato. 
Signore, sii allo stesso modo la luce che spazza la nebbia dal mio spirito e dalla mia anima. 
A coloro che sono morti la notte scorsa concedi, Gesù misericordioso, la grazia di dimorare nella luce eterna che è la tua esistenza, che non ha né inizio né fine. 
Amen.
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giovedì 30 agosto 2012

Novena per la Natività della B. V. Maria

Leggere la preghiera iniziale e recitare poi 30 Ave Maria per ogni giorno della novena; si diranno in tutto 270 Ave Maria in memoria dei giorni che Maria Santissima rimase nel seno di sua madre Sant'Anna. 
Questa devozione è stata insegnata dalla Vergine stessa a Santa Geltrude. 

PREGHIERA 
Gloriosissima Vergine e clementissima Madre di Dio, Maria, eccomi prostrato ai tuoi santissimi piedi, come servo umile e tuo indegno devoto. 
Ti prego dal più profondo del mio cuore di degnarti di ricevere queste mie piccole lodi e fredde benedizioni che Ti offro con questa santa novena; sono preghiere che cercano di unirsi a quelle numerose e fervorose che gli Angeli e i Santi innalzano a Te ogni giorno. 
In cambio Ti supplico di concedermi che, come Tu sei nata al mondo per essere Madre di Dio, rinasca anch'io alla Grazia per essere tuo figlio in modo che amando Te dopo Dio sopra ogni altra cosa creata e servendoti fedelmente sulla terra, possa un giorno venire a lodarti e benedirti per sempre in Cielo. 

- Intercalare le prime dieci Ave Maria con la frase: "Sia benedetto, o Maria, quel felicissimo istante in cui sei stata concepita senza macchia originale"
- Intercalare le seconde dieci Ave Maria con la frase: "Sia benedetto, o Maria, quel beatissimo tempo in cui sei rimasta nel seno di tua madre Sant'Anna"
- Intercalare le terze dieci Ave Maria con la frase: "Sia benedetto, o Maria, quel fortunatissimo momento in cui sei nata al mondo per essere Madre di Dio"

 - Salve, o Regina.......
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Preghiera del mattino del 30/VIII/2012

Signore, oggi fammi "crescere e abbondare nell'amore vicendevole e verso tutti", che è la radice di quella santità irreprensibile che tu chiedi ad ognuno dei tuoi figli. 
Poiché tu non ci chiedi nulla che sia al di là delle nostre forze e poiché tu stesso sei l'amore dell'anima, liberami da ogni noia del vivere, liberami dall'"accidia", dalla tristezza che porta alla disperazione, tristezza che i Padri consideravano peccato. 
La tua gioia avvolga la nostra vita come una veste. 
Apri i nostri cuori a quella fiamma che l'acqua non può spegnere.
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Tenetevi pronti

Mt 24,42-51 
Vegliate dunque, perché non sapete in quale giorno il Signore vostro verrà. Cercate di capire questo: se il padrone di casa sapesse a quale ora della notte viene il ladro, veglie rebbe e non si lascerebbe scassinare la casa. Perciò anche voi tenetevi pronti perché, nell'ora che non immaginate, viene il Figlio dell'uomo. Chi è dunque il servo fidato e prudente, che il padrone ha messo a capo dei suoi domestici per dare loro il cibo a tempo debito? Beato quel servo che il padrone, arrivando, troverà ad agire così! Davvero io vi dico: lo metterà a capo di tutti i suoi beni. Ma se quel servo malvagio dicesse in cuor suo: «Il mio padrone tarda»,  e cominciasse a percuotere i suoi compagni e a mangiare e a bere con gli ubriaconi, il padrone di quel servo arriverà un giorno in cui non se l'aspetta e a un'ora che non sa, lo punirà severamente e gli infliggerà la sorte che meritano gli ipocriti: là sarà pianto e stridore di denti. 

La morte arriva imprevedibile per noi, ma al momento esatto previsto da Dio. Perché vigilare? Per essere trovati pronti; per non essere esclusi dalla sala delle nozze eterne. 
 Questa ignoranza dell'ora si iscrive nella nostra natura: la nostra vita ci sfugge, siamo un mistero per noi stessi, non ci possediamo, siamo del Signore. Vigilare, essere pronti significa porsi davanti al Signore sempre presente (solo apparentemente assente) e vivere coerentemente secondo questa fede. 
 Nella parabola del servitore preposto ai servizi del suo padrone, la vigilanza prende la forma di una fedeltà responsabile verso una missione affidata dal Signore. Seguendo il tenore del testo, bisogna porre l'accento sulla parusìa. Ci sono delle persone a cui sono state affidate responsabilità particolari nella Chiesa. La funzione dei detentori di cariche è qualificata come servizio. Coloro che sono affidati alle loro cure sono compagni di servizio. 
I detentori di cariche non sono padroni posti al di sopra degli altri. Tutti hanno un unico Signore sopra di sé. L'abuso della carica merita la massima condanna, come vuol far capire la punizione severissima. 
L'attesa del Cristo deve suscitare l'impulso all'azione morale, a non sprecare il tempo, a comportarsi come servi di tutti e padroni di nessuno. 
Padre Lino Pedron
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mercoledì 29 agosto 2012

Preghiera del mattino del 29/VIII/2012

Ti lodo, Signore, per il lavoro dell'uomo, che, essendo partecipazione alla Tua opera continua di creazione, porta a compimento il mondo che Tu costruisci come una cattedrale. 
Non lasciare che i Tuoi figli siano oppressi dal peso di un lavoro divenuto disumano, o peggio, in cui ci si adopera per la morte. 
Abbi pietà dell'alterazione dell'immagine di Dio nei Tuoi figli quando il lavoro non è più originato nell'amore e non mira più alla realizzazione di ogni Tuo figlio, ma piuttosto alla tirannia, quando il denaro è Dio. 
Signore, ascolta i Tuoi figli e le loro grida, come già li ascoltasti un tempo in Egitto. 
Posa la Tua mano di Salvatore sulla terra, continuamente in fase di creazione.
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martedì 28 agosto 2012

Queste erano le cose da fare, senza tralasciare quelle

Mt 23,23-26 
Guai a voi, scribi e farisei ipocriti, che pagate la decima sulla menta, sull'anéto e sul cumìno, e trasgredite le prescrizioni più gravi della Legge: la giustizia, la misericordia e la fedeltà. Queste invece erano le cose da fare, senza tralasciare quelle. Guide cieche, che filtrate il moscerino e ingoiate il cammello! Guai a voi, scribi e farisei ipocriti, che pulite l'esterno del bicchiere e del piatto, ma all'interno sono pieni di avidità e d'intemperanza. Fariseo cieco, pulisci prima l'interno del bicchiere, perché anche l'esterno diventi pulito!

In questo brano Gesù continua a smascherare l'ipocrisia, o meglio gli ipocriti. L'ipocrita è un uomo che recita. Ama la pubblicità. Ogni suo gesto ha il solo scopo di attirare l'attenzione su di sé (cfr Mt 6,1-6). 
La radice profonda dell'ipocrisia è la ricerca di sé, il fare tutto per sé, non per gli altri o per Dio.
E' l'egoismo, l'esatto contrario dell'amore (cfr 1Cor 13,1-7). Il quarto "guai" è rivolto contro il capovolgimento dell'ordine dei valori. 
Gli scribi e i farisei ritenevano più importanti le prescrizioni esterne che i doveri morali fondamentali. Il pagamento della decima della menta, dell'aneto e del cumino, le erbe aromatiche più in uso, pare un'esagerazione. 
Nella legge era previsto solo il pagamento della decima per l'olio, il mosto, i cereali, che poi fu esteso al raccolto in genere (cfr Nm 18,22; Dt 14,22-23; Lv 27,30). 
Le cose più importanti nella legge sono il diritto, la misericordia, la fede. Il quinto "guai" riguarda quelli che non tengono in debito conto il nesso inscindibile tra interno ed esterno. 
In termini concreti si parla di pulire il bicchiere e la scodella, come prevedevano le prescrizioni farisaiche sulla purità. 
Ma lo scopo del discorso è la pulizia della coscienza piena di rapina e di iniquità. 
La cura della pulizia del bicchiere viene utilizzata per evidenziare la discutibilità di un comportamento morale che si preoccupa solamente dell'apparenza esterna e non della realtà interiore. 
L'esortazione rivolta al fariseo cieco, a pulire anzitutto l'interno del bicchiere, è ora un invito ad allontanare dal cuore e dalla vita ogni malvagità. 
Padre Lino Pedron
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Preghiera del mattino del 28/VIII/2012

Come il tuo apostolo Paolo che, "in mezzo a grandi lotte", ha proclamato il Vangelo e non dottrine false, senza "torbidi motivi", senza "frode alcuna", aiutaci a parlare di te, con grande chiarezza, senza vergogna e senza raggiri umani, aiutaci a annunciarti in ogni momento, opportuno e importuno. 
"Guai a me se non evangelizzassi". 
Che nessuno scoglio faccia fallire la missione che ci affidi. Concedici di essere fedeli, di non svignarcela, di darci da fare invece con perseveranza, come un vignaiuolo nella sua vigna, senza indugi e con determinazione, perché tu ci hai infiammati col fuoco della tua Parola. 
Se questa prova ci distrugge, facci restare in piedi, dandoci sempre conforto e speranza.
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lunedì 27 agosto 2012

Possa io fare...

Possa io fare della mia vita 
qualcosa di semplice e diritto 
come un flauto di canna 
che il Signore riempie di musica. 

R. Tagore
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Spendi l’amore a piene mani!

L’amore è l’unico tesoro che si moltiplica per divisione 
è l’unico dono che aumenta quanto più ne sottrai 
è l’unica impresa nella quale più si spende più si guadagna: 
regalalo, buttalo via spargilo ai quattro venti 
vuotati le tasche 
scuoti il cesto 
capovolgi il bicchiere 
e domani ne avrai più di prima.
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Guai a voi, guide cieche

Mt 23,13-22 
Guai a voi, scribi e farisei ipocriti, che chiudete il regno dei cieli davanti alla gente; di fatto non entrate voi, e non lasciate entrare nemmeno quelli che vogliono entrare. Guai a voi, scribi e farisei ipocriti, che percorrete il mare e la terra per fare un solo prosèlito e, quando lo è divenuto, lo rendete degno della Geènna due volte più di voi. Guai a voi, guide cieche, che dite: «Se uno giura per il tempio, non conta nulla; se invece uno giura per l'oro del tempio, resta obbligato». Stolti e ciechi! Che cosa è più grande: l'oro o il tempio che rende sacro l'oro? E dite ancora: «Se uno giura per l'altare, non conta nulla; se invece uno giura per l'offerta che vi sta sopra, resta obbligato». Ciechi! Che cosa è più grande: l'offerta o l'altare che rende sacra l'offerta? Ebbene, chi giura per l'altare, giura per l'altare e per quanto vi sta sopra; e chi giura per il tempio, giura per il tempio e per Colui che lo abita. E chi giura per il cielo, giura per il trono di Dio e per Colui che vi è assiso. 

Attraverso i "guai" rivolti agli scribi e ai farisei, Gesù istruisce la folla e i discepoli. Egli mette in guardia i discepoli dai cattivi comportamenti che vengono segnalati, perché anch'essi vi potrebbero incappare. 
Il senso del "guai a voi!" è "ahimè per voi!": non esprime una minaccia, ma il dolore per la situazione dell'altro. E' un'espressione di sincero amore, non di aggressività né tanto meno di cattiveria. E' un lamento. 
L'ipocrisia è la differenza tra l'essere e l'apparire, il non riconoscere l'ordine dei valori, ciò che è più importante e ciò che lo è meno, ciò che è centrale e ciò che è periferico. 
L'immagine del chiudere presuppone che essi siano i detentori del potere delle chiavi, ossia che possiedano l'autorità dell'insegnamento. Essi, servendosi della propria autorità, sbarrano agli uomini loro sottomessi l'accesso al regno dei cieli. 
Le autorità giudaiche impediscono l'accettazione del vangelo di Gesù. 
Viene messa in discussione anche la loro attività missionaria. 
Flavio Giuseppe in Ap. 2,10.39 attesta i successi dell'attività missionaria dei giudei della diaspora dopo la distruzione di Gerusalemme del 70 d.C. L'appellativo "guide cieche" evidenzia nuovamente la loro smania di fare proseliti. Probabilmente Matteo si riferisce all'attributo onorifico "guide di ciechi" che si dava ai missionari giudei (cfr Rm 2,19). 
Il "guai" del v. 16 riguarda anche l'abuso del giuramento. La situazione era questa: si usavano diverse formule di giuramento. Questo avveniva per rispetto verso il nome santo di Dio. Per non pronunciarlo si giurava per il cielo, per Gerusalemme o per altro (cfr Mt 5,34-35). Probabilmente ne derivò la triste conseguenza che coloro che giuravano il falso, quando erano scoperti, replicavano di non aver giurato per Dio e quindi non erano tenuti a mantenere il giuramento. 
Gesù non approva le cautele casuistiche adottate nel giuramento. Esse sono espressione di stoltezza e di cecità. 
I vv.21-22 sottolineano l'unità di tempio, cielo e Dio. Il tempio e il cielo appartengono a Dio, sono la sua casa e il suo trono (cfr 1Re 8,13; Sal 26,8; Is 66,1; Mt 5,34). Ogni giuramento è chiamare Dio come testimone, quindi l'abuso del giuramento è contro Dio. 
Padre Lino Pedron
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Preghiera del mattino del 27/VIII/2012

O mio Signore, concedimi oggi una fede attiva, una carità operosa e una speranza costante. 
Perché aspettare ancora a proclamare il tuo nome? 
È una grazia infinita l'essere scelti ad annunciare il tuo Vangelo a quelli che hanno fatto naufragio, annunciarlo agli oppressi, ai cuori insicuri che potranno essere consolati solo da una parola d'amore che venga da te.
Acconsenti al mio desiderio: che io divenga l'amore all'interno della madre Chiesa. 
A motivo del Vangelo e del mio battesimo, rinnova in me lo slancio missionario.
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domenica 26 agosto 2012

Amare è ...

Amare è conoscere, nascere con, 
prendere con sé, compatire, consentire, 
comunicare, costruire.
È piangere con chi piange, 
cantare con chi canta,
dividere i suoi interessi, 
fare una cosa sola col cuore, 
con lo spirito, con le forze.

L'amore è comunione, 
dono di ciò che siamo 
e di ciò che abbiamo.
Quel che ci unisce maggiormente 
è il bisogno, il dono, 
soprattutto il dono di sé.

Dio ci ama
nella misura in cui abbiamo bisogno di lui.
Ci ama a causa della nostra sofferenza, 
della nostra povertà,
della nostra fame e sete di lui, 
della nostra ansia del meglio. 
Il vero amore vuole il bene 
della persona amata: 
per questo il perdono, 
essendo disinteressato, 
è la forma più completa 
e perfetta dell'amore.


P. MONIER
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Donami anche il buon umore

Donami, o Signore, una buona digestione e anche qualcosa da digerire. 
Dammi la salute dei corpo col buon umore necessario per mantenerla. 
Dammi, o Signore, un’anima santa che faccia tesoro di quello che è buono e puro, affinché non si spaventi del peccato, ma trovi alla tua presenza la via per metter di nuovo le cose a posto. 
Dammi un’anima che non conosca la noia, i brontolamenti, i sospiri e i lamenti e non permettere che io mi crucci eccessivamente per quella cosa troppo evidente che si chiama «io». 
Dammi, o Signore, il senso del ridicolo: concedimi la grazia di comprendere uno scherzo, affinché conosca nella vita un po’ di gioia e possa farne parte anche agli altri. 

SAN TOMMASO MOORE
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Preghiera del mattino del 26/VIII/2012

Padre nostro che sei nei cieli, dacci oggi il nostro pane quotidiano, il pane per i nostri corpi, il pane per le nostre anime. 
Dacci pane sufficiente al nostro fabbisogno quotidiano e fa' che pensiamo a lasciarne un po' per coloro che non hanno da mangiare. 
Dacci soprattutto il nutrimento della tua parola, perché la nostra fede cresca e prenda forza. 
Dacci oggi il nutrimento della carne di tuo Figlio nella santa Eucaristia, per la vita del mondo. 
Fa' che pensiamo a coloro che muoiono di fame spirituale, concedici di credere anche per loro, per essere insieme, loro e noi, portati a condividere la vita eterna con la Vergine Maria, Madre di Dio. 
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sabato 25 agosto 2012

Messaggio Medjugorje del 25/8/2012


Cari figli! 
Anche oggi con la speranza nel cuore prego per voi e ringrazio l’Altissimo per tutti voi che vivete col cuore i miei messaggi. 
Ringraziate l’amore di Dio affinché Io possa amare e guidare ciascuno di voi per mezzo del mio Cuore Immacolato anche verso la conversione. 
Aprite i vostri cuori e decidetevi per la santità e la speranza farà nascere la gioia nei vostri cuori. 
Grazie per aver risposto alla mia chiamata.
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Messaggio di Medjugorje straordinario ad Ivan 24/8/2012

Carissimi, ecco quanto Krizan ci ha riferito circa l’apparizione avuta da Ivan, Venerdì 24 Agosto 2012, sul Podbrdo alle ore 22:00. 

Ecco le parole di Ivan: 
«Anche oggi, come ogni giorno dopo l’incontro con la Madonna, desidero trasmettere anche a voi ciò che è stato più importante dell’incontro di stasera. 
Anche stasera la Madonna è venuta a noi molto gioiosa e felice ed all’inizio, come sempre, ha salutato tutti noi col suo materno saluto: “Sia lodato Gesù, cari figli miei!”. 
Poi la Madonna ha steso le mani ed ha pregato per lungo tempo qui su tutti noi e poi ha pregato particolarmente su voi malati presenti. 
Poi ha benedetto tutti noi con la sua benedizione materna ed ha benedetto anche tutto ciò che voi avete portato perché venisse benedetto. 
Poi ho raccomandato tutti voi, i vostri bisogni, le vostre intenzioni, le vostre famiglie ed, in particolare, i malati. 
Poi la Madonna ha pregato un tempo prolungato stasera particolarmente per i sacerdoti, i Vescovi ed in modo particolare per il Santo Padre. 
Poi la Madonna ha conversato brevemente solo con me e questo rimane solo tra noi. Dopo questa conversazione, se n’è andata in preghiera nel segno della luce e della croce col saluto: “Andate in pace, cari figli miei!”. 
Vorrei evidenziare ancora una volta ciò che è più importante, cioè che la Madonna stasera ha veramente pregato un lungo tempo particolarmente per i sacerdoti, i Vescovi ed in modo particolare per il Santo Padre. 
Ha anche pregato un tempo lungo su tutti noi ed in particolare sui malati. 
Voi stessi sapete che domani è il 25 e che ogni 25 del mese la Madonna si rivolge a tutto il mondo col suo messaggio. 
Domani attendiamo questo messaggio e vedremo cosa vorrà la Madonna».
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Amerai il Signore tuo Dio, e il tuo prossimo come te stesso

Mt 22,34-40 
Allora i farisei, avendo udito che egli aveva chiuso la bocca ai sadducei, si riunirono insieme e uno di loro, un dottore della Legge, lo interrogò per metterlo alla prova: «Maestro, nella Legge, qual è il grande comandamento?». Gli rispose: «Amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima e con tutta la tua mente. Questo è il grande e primo comandamento. Il secondo poi è simile a quello: Amerai il tuo prossimo come te stesso. Da questi due comandamenti dipendono tutta la Legge e i Profeti». 

Questa terza controversia tocca un argomento scottante per il giudaismo. I rabbini ripartivano i 613 precetti della Legge in 365 proibizioni (numero dei giorni dell'anno) e in 248 comandamenti (numero delle componenti del corpo umano). 
Si trattava di sapere qual era il precetto fondamentale. La risposta di Gesù unisce tra loro l'amore di Dio e l'amore del prossimo (Dt 6,5 e Lv 19,18). Tutta la Legge è adempiuta in questi due amori che diventano un solo amore in Gesù, nel quale Dio e l'uomo si uniscono in una sola persona. 
E' nella capacità di tenerli uniti anche nella vita del cristiano che si misura la fede. 
 L'unione dell'amore di Dio e dell'amore del prossimo come culmine della Legge è un concetto specificamente cristiano e costituisce la sostanza di questo brano e di tutto il vangelo di Gesù. Occorre però ricordare che Gesù ha ridefinito il concetto di prossimo (cfr Lc 10,30-37). L'amore del prossimo ha come presupposto l'amore di se stessi. Ma l'amore evangelico di se stessi! In Cristo si è manifestato l'amore di Dio e del prossimo in forma assoluta ed esemplare. 
E' lui l'unico modello. 
Padre Lino Pedron
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Preghiera del mattino del 25/VIII/2012

Dio onnipotente, senza del quale nulla vi è di forte e nulla vi è di santo, fa' che non contiamo sulle nostre forze, ma che cerchiamo di fare sempre la tua volontà, considerandoci tuoi servitori, chiamati, non per i nostri meriti, ma per la tua bontà amorosa, a prendere parte all'opera della nostra stessa redenzione. 
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venerdì 24 agosto 2012

Ecco davvero un Israelita in cui non c’è falsità

Gv 1,45-51 
Filippo trovò Natanaéle e gli disse: «Abbiamo trovato colui del quale hanno scritto Mosè, nella Legge, e i Profeti: Gesù, il figlio di Giuseppe, di Nàzaret». Natanaele gli disse: «Da Nàzaret può venire qualcosa di buono?». Filippo gli rispose: «Vieni e vedi». Gesù intanto, visto Natanaéle che gli veniva incontro, disse di lui: «Ecco davvero un Israelita in cui non c'è falsità». Natanaele gli domandò: «Come mi conosci?». Gli rispose Gesù: «Prima che Filippo ti chiamasse, io ti ho visto quando eri sotto l'albero di fichi». Gli replicò Natanaéle: «Rabbì, tu sei il Figlio di Dio, tu sei il re d'Israele!». Gli rispose Gesù: «Perché ti ho detto che ti avevo visto sotto l'albero di fichi, tu credi? Vedrai cose più grandi di queste!». Poi gli disse: «In verità, in verità io vi dico: vedrete il cielo aperto e gli angeli di Dio salire e scendere sopra il Figlio dell'uomo». 

Filippo incontra Natanaéle e comunica all’amico di avere trovato il Messia nella persona di Gesù. L’annuncio di Filippo è una professione di fede che si fonda sulla Scrittura. Egli riconosce in Gesù l’Atteso di Israele (cfr Dt 18,18- 19). 
La reazione di Natanaéle esprime il suo scetticismo: il Messia non può avere la sua patria in un villaggio insignificante come Nazaret. 
Filippo non tenta di chiarire o risolvere il dubbio dell’amico, ma cerca di invitarlo ad un’esperienza personale con il Maestro, la stessa da lui vissuta in precedenza e che ha cambiato la sua vita. 
Solo la fede è capace di far superare i motivi di scandalo e di autosufficienza umana. E Gesù la suscita in ogni uomo che si mette in ascolto della sua parola, come ha fatto Natanaéle, che acconsentì ad accogliere il mistero che Filippo gli proponeva con il semplice invito: "Vieni e vedi" (v. 46). 
Gesù, che legge nel cuore dell’uomo, riconosce la prontezza, la ricerca sincera e il desiderio di Natanaéle di incontrarsi con lui. E Gesù, vedendolo arrivare così aperto e disponibile, lo previene e lo saluta come un autentico rappresentante d’Israele in cui non c’è falsità. 
Secondo la spiegazione di qualcuno, Natanaéle sarebbe chiamato da Gesù "israelita", cioè degno del nome di Israele, perché questo nome significa "colui che vede Dio" e a Natanaéle viene promessa la visione degli angeli che scendono e salgono sul figlio dell’uomo (v. 51). 
Gesù conosce bene Natanaéle, anche se lo incontra per la prima volta, perché egli conosce tutti (2,24) e sa cosa c’è nell’uomo (2,25). 
E Gesù dà a Natanaéle una prova di conoscerlo bene: egli l’ha visto quando era sotto il fico. Sedere sotto il fico significa meditare e insegnare la Scrittura. Natanaéle, dunque, è un uomo applicato allo studio della Scrittura che cerca e attende la venuta del Messia. Anche mentre ascoltava la spiegazione delle Scritture, era accompagnato e sostenuto dallo sguardo amoroso di Dio. Natanaéle, toccato nell’intimo del suo cuore per la conoscenza che Gesù ha di lui (nota solo a Dio), riconosce in Gesù il Messia ed esclama: "Tu sei il Figlio di Dio, tu sei il re d’Israele" (v. 49). Con la sua fede nel Messia, Natanaéle è già disposto ad un’ulteriore rivelazione di Gesù, che gli dice: "Vedrai cose maggiori di queste!" (v. 50). 
Gesù parla di una rivelazione continua del Padre, di un movimento di salita e discesa degli angeli, richiamando la scena di Giacobbe, nella quale il patriarca "fece un sogno: una scala poggiava sulla terra, mentre la sua cima raggiungeva il cielo; ed ecco gli angeli di Dio salivano e scendevano su di essa" ( Gen 28,12). 
Il salire e scendere è un richiamo alla realtà umana e divina di Gesù. Egli, pur essendo tra gli uomini, è in comunione col Padre, è il "luogo" dove si manifesta il Padre, è la "casa di Dio", è la "porta del cielo"(cfr Gen 28,17). Gesù è la rivelazione del Padre, è il punto di unione tra cielo e terra, è il mediatore tra Dio e gli uomini, è la nuova scala di Giacobbe di cui Dio si serve per dialogare con l’uomo. 
In Gesù l’uomo trova il luogo ideale per fare esperienza di Dio che salva. La piena e definitiva rivelazione di Dio si avrà solo in Gesù risorto e seduto alla destra del Padre nei cieli, dove salgono e scendono gli angeli di Dio. Natanaéle è stato trasformato dall’incontro con Gesù perché in lui non c’è falsità; si è accostato a Gesù con cuore sincero e semplice. 
Padre Lino Pedron
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Preghiera del mattino del 24/VIII/2012

Mio Dio, tu sei la carità e l'amore personificati. 
Possano la carità e l'amore diventare in me perfetti, perché il tuo amore bruci tutto il mio egoismo e io ti lodi dal mattino alla fine della mia giornata, non solo a parole, ma anche nelle mie azioni.
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giovedì 23 agosto 2012

Tutti quelli che troverete, chiamateli alle nozze

Mt 22,1-14 
Gesù riprese a parlare loro con parabole e disse: «Il regno dei cieli è simile a un re, che fece una festa di nozze per suo figlio. Egli mandò i suoi servi a chiamare gli invitati alle nozze, ma questi non volevano venire. Mandò di nuovo altri servi con quest'ordine: «Dite agli invitati: Ecco, ho preparato il mio pranzo; i miei buoi e gli animali ingrassati sono già uccisi e tutto è pronto; venite alle nozze!». Ma quelli non se ne curarono e andarono chi al proprio campo, chi ai propri affari; altri poi presero i suoi servi, li insultarono e li uccisero. Allora il re si indignò: mandò le sue truppe, fece uccidere quegli assassini e diede alle fiamme la loro città. Poi disse ai suoi servi: «La festa di nozze è pronta, ma gli invitati non erano degni; andate ora ai crocicchi delle strade e tutti quelli che troverete, chiamateli alle nozze». Usciti per le strade, quei servi radunarono tutti quelli che trovarono, cattivi e buoni, e la sala delle nozze si riempì di commensali. Il re entrò per vedere i commensali e lì scorse un uomo che non indossava l'abito nuziale. Gli disse: «Amico, come mai sei entrato qui senza l'abito nuziale?». Quello ammutolì. Allora il re ordinò ai servi: «Legatelo mani e piedi e gettatelo fuori nelle tenebre; là sarà pianto e stridore di denti». Perché molti sono chiamati, ma pochi eletti». 

Il banchetto è organizzato da un re per le nozze del figlio. 
I primi invitati, il popolo d'Israele, manifestano indifferenza colpevole (v.5). 
I vv.6-7 sono ispirati alla parabola dei vignaioli. 
Probabilmente Matteo ha presente le persecuzioni contro i predicatori cristiani e la distruzione di Gerusalemme nell'anno 70. 
 Dopo il rifiuto dei primi chiamati, l'invito è rivolto a tutti, "buoni e cattivi" (v.10).
La sala piena di commensali è immagine della Chiesa. La parabola è un appello a tutti perché sappiano che il momento è decisivo e non si può differire: "Tutto è pronto" (v.4). 
Di fronte alla chiamata del vangelo non c'è niente di più importante da fare. Per stare nella sala del banchetto (la Chiesa) bisogna accettare di ricevere il vestito di nozze: la conversione, la fede. la grazia. 
La comparsa del re nella sala significa il giudizio dei convitati. Il giudizio non riguarda solo i primi invitati che hanno rifiutato l'invito alle nozze. I secondi non si illudano che basti essere nella Chiesa per essere salvati. L'avvertimento finale della parabola ricorda ai convitati della comunità cristiana l'esigenza della loro vita secondo il battesimo e la serietà del loro impegno. La chiamata di Dio non pone condizioni preliminari: la Chiesa è il luogo del grande raduno e gli invitati sono tutti peccatori. 
Ma peccatori che si convertono. Il detto riguardante i chiamati e gli eletti non invita a fare i conti sui salvati e i dannati: sarebbe in contraddizione con l'uno senza abito di nozze tra i tanti invitati che riempivano la sala. 
Questa frase è una interpellanza personale all'ascoltatore perché cerchi di non essere nella condizione di colui che viene gettato nelle tenebre. 
Padre Lino Pedron
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Da un libro di preghiere del IX secolo

Signore, Padre santo e buono, concedimi: 
un’intelligenza che ti conosca, 
un cuore che ti senta, 
uno spirito che ti gusti, 
un ardore che ti cerchi, 
una sapienza che ti trovi, 
un’anima che ti comprenda, 
occhi che ti vedano, 
una vita che ti sia gradita, 
una perseveranza che ti attenda, 
una morte santa. 
Donami la tua presenza, la santa risurrezione, una buona ricompensa: la vita eterna.
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Preghiera del mattino del 23/VIII/2012

Signore, tu mi chiami ancora e sempre, fra le tante preoccupazioni della mia vita. 
Tu mi lasci allontanare da te nella mia amarezza e nel mio dolore.
Insegnami ogni giorno, per mezzo del sacrificio sempre attuale del tuo Figlio, anticipo dell'eterno banchetto nuziale nei cieli, a non trascurare la grazia delle tue ispirazioni.
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mercoledì 22 agosto 2012

Sei invidioso perché io sono buono?

Mt 20,1-16 
Il regno dei cieli è simile a un padrone di casa che uscì all'alba per prendere a giornata lavoratori per la sua vigna. Si accordò con loro per un denaro al giorno e li mandò nella sua vigna. Uscito poi verso le nove del mattino, ne vide altri che stavano in piazza, disoccupati, e disse loro: «Andate anche voi nella vigna; quello che è giusto ve lo darò». Ed essi andarono. Uscì di nuovo verso mezzogiorno, e verso le tre, e fece altrettanto. Uscito ancora verso le cinque, ne vide altri che se ne stavano lì e disse loro: «Perché ve ne state qui tutto il giorno senza far niente?». Gli risposero: «Perché nessuno ci ha presi a giornata». Ed egli disse loro: «Andate anche voi nella vigna». Quando fu sera, il padrone della vigna disse al suo fattore: «Chiama i lavoratori e da' loro la paga, incominciando dagli ultimi fino ai primi». Venuti quelli delle cinque del pomeriggio, ricevettero ciascuno un denaro. Quando arrivarono i primi, pensarono che avrebbero ricevuto di più. Ma anch'essi ricevettero ciascuno un denaro. Nel ritirarlo, però,mormoravano contro il padrone  dicendo: «Questi ultimi hanno lavorato un'ora soltanto e li hai trattati come noi, che abbiamo sopportato il peso della giornata e il caldo». Ma il padrone, rispondendo a uno di loro, disse: «Amico, io non ti faccio torto. Non hai forse concordato con me per un denaro? Prendi il tuo e vattene. Ma io voglio dare anche a quest'ultimo quanto a te: non posso fare delle mie cose quello che voglio? Oppure tu sei invidioso perché io sono buono?». Così gli ultimi saranno primi e i primi, ultimi». 

I due detti di Gesù: "Molti dei primi saranno ultimi e gli ultimi i primi" (Mt 19,30) e "così gli ultimi saranno primi e i primi gli ultimi" (Mt 20,16) servono come inclusione della parabola degli operai della vigna. Il messaggio è questo: rinunciare ad essere grandi per diventare piccoli, accettare che l'ultimo riceva quanto il primo. 
Il Regno è un dono gratuito, una grazia da accogliere. Spontaneamente siamo tentati anche noi di mormorare contro il Signore della vigna, perché il suo modo di agire mette a soqquadro i nostri criteri di valutazione, di retribuzione equa, di giustizia sociale, di merito. 
Ma trasferendo le nostre misure sul piano della salvezza, noi poniamo il problema in modo sbagliato: essere ingaggiati nella vigna del Signore, essere chiamati al Regno è una grazia, un onore, una gioia, una fortuna. E se Dio chiama tutti e a tutte le ore e accorda il medesimo dono straordinario e gratuito che è la salvezza, ciò deve farci straordinariamente felici, anche perché, erroneamente, tutti riteniamo di essere operai della prima ora che reclamano la salvezza come un diritto, mentre in realtà ci viene concessa come dono. 
 Dio si riserva la libertà dalla scelta per grazia, che abbatte la presunzione umana. A imitazione di Dio, i "primi" sono invitati a guardare agli "ultimi" con bontà e non con cuore cattivo. 
 L'amore di Dio raggiunge tutti gli uomini e non fa differenze. Il salario è sempre lo stesso e non può essere diviso perché il premio della vita è Gesù Cristo. 
Padre Lino Pedron
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Preghiera per il giorno che sta per cominciare

Signore è l'alba. Fa' che io vada incontro nella pace a tutto ciò che mi porterà questo giorno. Fa' che io mi consegni totalmente alla tua santa volontà. Donami in ogni momento la tua luce e la tua forza.

Qualunque notizia io riceva oggi, insegnami ad accettarla nella quiete, e nella fede salda che nulla può accadere se tu non lo permetti. In ogni mia azione e parola dirigi i miei pensieri e i miei sentimenti. In tutti gli eventi inattesi, non farmi dimenticare che ogni cosa proviene da te!

Insegnami ad agire con apertura e intelligenza verso tutti i miei fratelli e le mie sorelle e verso tutti gli uomini, senza mortificare o contristare nessuno.

Signore, donami la forza di portare la fatica del giorno che si avvicina, e di tutti gli eventi inclusi nel suo corso. Guida la mia volontà, insegnami a pregare, a credere, a perseverare, a soffrire, a perdonare... e ad amare!
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Preghiera del mattino del 22/VIII/2012

Signore, fa' che questa mattina io senta la voce della tua bontà amorosa: che non trascuri mai le tue ispirazioni e abbia, invece, sempre fiducia nella tua bontà. 
Insegnami a fare la tua volontà e a ricevere da te il frutto della tua vigna, che è il dono del tuo corpo e del tuo sangue, perché tu sei il mio Signore e il mio Dio.
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martedì 21 agosto 2012

È più facile che un cammello passi per la cruna di un ago, che un ricco entri nel regno di Dio

Mt 19,23-30 
Gesù allora disse ai suoi discepoli: «In verità io vi dico: difficilmente un ricco entrerà nel regno dei cieli. Ve lo ripeto: è più facile che un cammello passi per la cruna di un ago, che un ricco entri nel regno di Dio». A queste parole i discepoli rimasero molto stupiti e dicevano: «Allora, chi può essere salvato?».  Gesù li guardò e disse: «Questo è impossibile agli uomini, ma a Dio tutto è possibile». Allora Pietro gli rispose: «Ecco, noi abbiamo lasciato tutto e ti abbiamo seguito; che cosa dunque ne avremo?». E Gesù disse loro: «In verità io vi dico: voi che mi avete seguito, quando il Figlio dell'uomo sarà seduto sul trono della sua gloria, alla rigenerazione del mondo, siederete anche voi su dodici troni a giudicare le dodici tribù d'Israele. Chiunque avrà lasciato case, o fratelli, o sorelle, o padre, o madre, o figli, o campi per il mio nome, riceverà cento volte tanto e avrà in eredità la vita eterna. Molti dei primi saranno ultimi e molti degli ultimi saranno primi. 

Il tale di cui parla questo brano del vangelo aveva chiesto a Gesù che cosa doveva "fare" per "avere" la vita eterna (v.16); nella sua risposta ai discepoli, Gesù rovescia la prospettiva: bisogna "lasciare" per "avere" (v.29). 
Questa impossibilità di farsi piccoli per entrare nel Regno è sottolineata da Gesù (vv.23-24) e ripresa dai discepoli costernati: "Chi si potrà dunque salvare?" (v.25). Gesù insiste: "Questo è impossibile agli uomini, ma a Dio tutto è possibile" (v.26; cfr Gen 18,14; Gb 42,2; Zc 8,6). 
Il Regno non è un bene che si guadagna o si possiede; bisogna riceverlo come dono da Dio. 
Siamo nel cuore della Rivelazione del Regno e della scelta che richiede (cfr Mt 16,23): o si muore a sé stessi per ricevere tutto da Dio o si rende impossibile in noi la venuta del regno dei cieli. 
L'uomo, ricco o povero, non può salvare se stesso, ma deve accogliere la salvezza come dono di Dio. 
Pietro pone la domanda circa la ricompensa riservata a coloro che seguono Cristo. Egli non chiede solo per sé, ma per tutti. 
La domanda è umanamente comprensibile, ma insensata, perché non tiene conto che la ricompensa divina è sempre grazia. 
Il seguire Gesù conduce alla partecipazione della sua gloria in paradiso. Con la domanda di Pietro, Matteo prepara la parabola che segue (Mt 20,1-16). Lutero, commentando questo brano in una predica del 1517, diceva: "Senza la rinuncia alle cose, non si ottiene nulla". 
Padre Lino Pedron
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Preghiera del mattino del 21/VIII/2012

Dio onnipotente, infondi in noi un sentimento d'amore così grande, da amarti in ogni cosa e al di sopra di ogni cosa, da credere che, con te, diventa possibile tutto quanto ci esorti a fare, poiché noi diventiamo capaci di tutte le grandi azioni che il tuo amore può portare a compimento in noi.
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lunedì 20 agosto 2012

Preghiera del mattino del 20/VIII/2012

Tu esorti chi ti ama ad essere perfetto come il Padre celeste. 
Fa' che il nostro amore per i beni materiali non diventi mai un ostacolo a seguire te, che dai tanto valore alla povertà. 
Fa' che, come celebriamo il mistero della tua morte, così imitiamo il tuo amore perfetto, perché il nostro cuore sarà là dove è il nostro tesoro.
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domenica 19 agosto 2012

La mia carne è vero cibo e il mio sangue vera bevanda

Gv 6,51-58 
Io sono il pane vivo, disceso dal cielo. Se uno mangia di questo pane vivrà in eterno e il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo». Allora i Giudei si misero a discutere aspramente fra loro: «Come può costui darci la sua carne da mangiare?». Gesù disse loro: «In verità, in verità io vi dico: se non mangiate la carne del Figlio dell'uomo e non bevete il suo sangue, non avete in voi la vita. Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna e io lo risusciterò nell'ultimo giorno. Perché la mia carne è vero cibo e il mio sangue vera bevanda. Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue rimane in me e io in lui. Come il Padre, che ha la vita, ha mandato me e io vivo per il Padre, così anche colui che mangia me vivrà per me. Questo è il pane disceso dal cielo; non è come quello che mangiarono i padri e morirono. Chi mangia questo pane vivrà in eterno». 

Nel v.51 Gesù aggiunge un nuovo elemento che preannunciala tematica centrale dell'ultima parte del discorso (vv.53-58): il pane della vita è la carne di Gesù per la vita del mondo. Il pane disceso dal cielo è la carne di Gesù, ossia la sua persona sacrificata per la salvezza dell'umanità con la passione e morte gloriosa. 
L'amore di Dio per gli uomini raggiunge la sua massima espressione nella morte di Gesù in croce. 
Sulla croce egli dona tutto se stesso per mondo. Questo brano finale riprende il tema del mangiare la carne di Gesù per richiamarlo e svilupparlo, e per associargli il tema del bere il suo sangue. Il mangiare la carne di Gesù e il bere il suo sangue hanno come effetto salvifico la vita eterna o il rimanere in comunione intima con la persona divina di Cristo. Dopo le mormorazioni dei giudei, Gesù non attenua il suo linguaggio sulla necessità di mangiare la sua carne, anzi, rincara la dose aggiungendo anche la necessità di bere il suo sangue; e nel brano seguente sostituirà il verbo faghèin con il verbo tròghein, termine molto crudo che indica l'azione del masticare con i denti. 
Le parole di Gesù sono di un verismo così accentuato che non possono essere interpretate solo nel senso di interiorizzazione della rivelazione. Questo linguaggio si applica sicuramente all'Eucaristia. Evidentemente la cena eucaristica non prescinde dalla fede; anzi, il mangiare la carne del Signore e il bere il suo sangue è una dimostrazione di fede. Le parole di Gesù sulla condizione per possedere la vita eterna sono esplicite: bisogna mangiare la sua carne e bere il suo sangue. La fede in Gesù si concretizza e si dimostra nel mangiare la sua carne e nel bere il suo sangue. Con la comunione al corpo e al sangue di Cristo è seminato in noi il germe della risurrezione che porterà il suo frutto più maturo nell'ultimo giorno. "La risurrezione non farà che mettere in attività le forze che la comunione al corpo e al sangue del Salvatore ha deposto nell'uomo per la risurrezione finale del suo essere" (Loisy). 
L'alimento della carne e del sangue di Cristo nutre veramente e in modo perfetto e definitivo, perché è fonte di risurrezione e di vita eterna. La comunione tra Gesù e il discepolo si concretizza in un'azione di vita. Il Cristo diventa fonte e fine dell'esistenza del cristiano che mangia la sua carne, in modo analogo a quanto avviene in seno alla Trinità. Come il Padre dà la vita al Figlio, così il Figlio dà la vita a colui che si nutre dell'Eucaristia. 
Nel v. 58 Gesù chiude il discorso confrontando l'effetto diverso del nutrimento della manna e del mangiare il pane del cielo che è la sua persona. Il contrasto tra il nutrimento perituro e imperfetto della manna - simbolo della legge mosaica - e la persona del Verbo incarnato, rivelazione definitiva e perfetta di Dio, è chiaro. 
Padre Lino Pedron
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Preghiera del mattino del 19/VIII/2012

Solo mangiando e bevendo al tuo santo altare, Signore, abbiamo la vita in tutta la sua ricchezza e pienezza. 
Pur essendo ancora sulla terra, apprendiamo infatti a gustare la dolcezza e la bontà celesti, la gioia del banchetto nel regno nel quale a nessuno mancherà nulla. 
Fa' che crediamo in modo più profondo che, grazie al nutrimento eucaristico, diventeremo membra del corpo di Cristo, della Chiesa colma dello Spirito Santo..
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sabato 18 agosto 2012

Messaggio Medjugorje straordinario dato a Ivan 17/8/2012

Carissimi, ecco quanto Krizan ci ha riferito circa l’apparizione avuta da Ivan, Venerdì 17 Agosto 2012, alla Croce blu alle ore 22:00. 


Ecco le parole di Ivan:

 «Come ogni giorno dopo l’incontro con la Madonna, stasera desidero avvicinare e descrivere anche a voi ciò che è stato più importante dell’incontro di stasera con la Madonna. 

Anche stasera la Madonna è venuta a noi molto gioiosa e felice e all’inizio, come sempre, ha salutato tutti noi col suo materno saluto: 
“Sia lodato Gesù, cari figli miei.”

Poi la Madonna ha pregato un tempo con le mani distese qui su tutti noi. 

Ha pregato in particolare su voi malati presenti, poi ha benedetto tutti noi con la sua benedizione materna ed ha benedetto tutto ciò che avete portato perché venisse benedetto. 

Poi la Madonna ha detto: 

“Cari figli, anche oggi in modo particolare vi invito a pregare per i miei sacerdoti, per i miei diletti, a pregare per i Vescovi e per il Santo Padre. 
Pregate, cari figli, per i miei pastori, pregate più che mai. La Madre prega insieme con voi ed è con voi. 
Perciò perseverate nella preghiera e pregate insieme con me per le mie intenzioni. 
Grazie, cari figli, anche oggi per aver risposto alla mia chiamata.” 

Poi io ho raccomandato tutti voi, tutti i vostri bisogni, tutte le vostre intenzioni, tutte le vostre famiglie e in modo particolare tutti gli ammalati. 
Poi la Madonna ha continuato a pregare un tempo con le mani distese qui su tutti voi, in particolare ha pregato un tempo, Lei sola, per i sacerdoti qui presenti e per i sacerdoti in genere e poi se n’è andata in preghiera, se n’è andata nel segno della luce e della croce col saluto: “Andate in pace, cari figli miei.”
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Richiesta di preghiere 14/2012

35)Antonia dalla Campania: 
salve, sono antonia ****, sono nata il 15 dicembre 1981, vivo a ******, in provincia di salerno,volevo chiedervi una preghiera di guarigione forte, per una persona, che a me sta dando un fastidio tremendo gratuito,che si chiama marianna *****, vi chiedo di pregare per lei e per la sua famiglia, augurandomi che non mi daranno più fastidio.grazie, antonia, se vi servono ulteriori informazioni, sono a vostra disposizione per raccontarvi, un pò tutta la mia storia;mi raccomando occorre a questa persona un aiuto forte e tempestivo,se potete estendete questo messaggio ad altre persone in grado di aiutarla,così finalmente diventerò libera.grazie antonia, buona giornata. 

36)Virginie dalla Costa d'Avorio: 
Virginie, dalla Costa d'Avorio, chiede preghiere perché le sue aspirazioni lavorative si realizzino. 
Seigneur je te confie ma candidature au poste de cadre 
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Non impedite che i bambini vengano a me

Mt 19,13-15 
Allora gli furono portati dei bambini perché imponesse loro le mani e pregasse; ma i discepoli li rimproverarono. Gesù però disse: «Lasciateli, non impedite che i bambini vengano a me; a chi è come loro, infatti, appartiene il regno dei cieli». E, dopo avere imposto loro le mani, andò via di là. 

Questo brano sull'accoglienza dei bambini illumina ulteriormente il brano precedente sull'indissolubilità del matrimonio. Per entrare nel regno dei cieli bisogna diventare come bambini (Mt 18,3-4), ma i discepoli non l'hanno capito perché respingono i bambini con la stessa incomprensione con cui altri ripudiano la propria sposa. 
Solo Gesù può donare l'amore fedele e accogliente, ma per accoglierlo bisogna diventare piccoli, entrando nella logica della fede. Nell'agire di Gesù si nota una dedizione diretta e immediata ai bambini. 
E' un aspetto caratteristico della sua attività. 
Sullo sfondo della posizione insignificante del bambino questo atteggiamento va visto come offerta di grazia a coloro che non hanno nulla e come una critica ai pregiudizi del mondo degli adulti. 
 Il bambino viene preso seriamente come interlocutore di Dio. L'essenza dell'essere bambini sta in questo: soltanto l'amore fornisce al bambino il criterio di misura di ciò che gli è vicino e di ciò che gli è estraneo. 
"Anche se gli si mostrasse una regina con il suo diadema, egli preferirebbe la sua mamma anche se fosse vestita di stracci" (san Giovanni Crisòstomo). Coloro che sono diventati come bambini preferiscono il loro Signore umiliato e morto in croce a tutte le lusinghe del mondo. 
Padre Lino Pedron
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Preghiera del mattino del 18/VIII/2012

Signore, insegnami a diventare simile ad un bambino di fronte a te, perdendo ogni mia arroganza e ogni mia durezza, ogni mio rancore e ogni mio complesso. 
Aiutami ad avere fiducia, ad essere dolce e sempre riconoscente per la formazione che ricevo dalla santa Madre Chiesa. 
Fa' che la mia fanciullezza d'animo si rinnovi sempre e che il mio spirito non invecchi mai. 
Possa io essere sempre desideroso di ascoltare la tua parola e di compiere tutti i miei doveri e le mie missioni alla tua presenza, avvolto dal tuo sguardo amoroso.
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venerdì 17 agosto 2012

Per la durezza del vostro cuore Mosè vi ha permesso di ripudiare le vostre mogli; all’inizio però non fu così

Mt 19,3-12 
Allora gli si avvicinarono alcuni farisei per metterlo alla prova e gli chiesero: «È lecito a un uomo ripudiare la propria moglie per qualsiasi motivo?». Egli rispose: «Non avete letto che il Creatore da principio li fece maschio e femmina e disse: Per questo l'uomo lascerà il padre e la madre e si unirà a sua moglie e i due diventeranno una sola carne? Così non sono più due, ma una sola carne. Dunque l'uomo non divida quello che Dio ha congiunto». Gli domandarono: «Perché allora Mosè ha ordinato di darle l'atto di ripudio e di ripudiarla?». Rispose loro: «Per la durezza del vostro cuore Mosè vi ha permesso di ripudiare le vostre mogli; all'inizio però non fu così. Ma io vi dico: chiunque ripudia lapropria moglie, se non in caso di unione illegittima, e ne sposa un'altra, commette adulterio». Gli dissero i suoi discepoli: «Se questa è la situazione dell'uomo rispetto alla donna, non conviene sposarsi». Egli rispose loro: «Non tutti capiscono questa parola, ma solo coloro ai quali è stato concesso. Infatti vi sono eunuchi che sono nati così dal grembo della madre, e ve ne sono altri che sono stati resi tali dagli uomini, e ve ne sono altri ancora che si sono resi tali per il regno dei cieli. Chi può capire, capisca». 

Con la domanda dei farisei sul divorzio appare lo scacco dell’amore in seno alla coppia. E’ questa infatti la prima cellula dove "due sono uniti nel nome di Cristo" (Mt 18,20). L’intervento dei farisei mette sotto accusa Gesù e la novità del Regno. 
La domanda "E’ lecito a un uomo ripudiare la propria moglie per qualsiasi motivo?" è importante. 
Al tempo di Gesù l’interpretazione di Dt 24,1 contrapponeva i seguaci di due scuole rabbiniche, quella di Hillel che ammetteva il divorzio per qualsiasi motivo, e quella di Shammai che richiedeva, come minimo, una cattiva condotta comprovata, anzi, un adulterio da parte della moglie. 
La risposta di Gesù supera subito la disputa interpretativa tra i seguaci di Hillel e di Shammai. Alla maniera rabbinica, egli cita i brani di Gen 1,17 e 2,24 situando così la discussione a livello superiore: quello della volontà del Creatore. 
La distinzione tra i sessi trova quindi la sua origine nel Creatore: è più un’intenzione creatrice vissuta e rivelata che un semplice fenomeno di natura. Gesù cita Gen 2,24: "L’uomo lascerà suo padre e sua madre e si unirà a sua moglie e i due saranno una carne sola" (v. 5) per sottolineare che è la volontà creatrice di Dio che unisce l’uomo e la donna. 
Quando si uniscono, è Dio che li unisce: la congiunzione dell’uomo e della donna è l’effetto della parola di Dio. 
La risposta di Gesù è quindi chiara: per volontà esplicita di Dio creatore il matrimonio è indissolubile, non si può divorziare per nessun motivo. Un testo di Malachìa (2,13-16) dichiarava già prima di Cristo che ripudiare la propria moglie è rompere l’alleanza di Dio con il suo popolo (cfr anche Os 1-3; Is 1,21-26; Ger 2,3; 3,1.6-12; Ez 16 e 23; Is 54,6-10; 60-62). 
Questa risposta di Gesù pare tuttavia in contraddizione con la legge di Mosè, che permetteva di dare un attestato di divorzio. Gesù, nuovo Mosè, riporta con forza la questione nei suoi giusti termini: all’amore di Dio che fa alle anza con l’uomo e gli dà la capacità di superare la durezza del cuore (v. 8), cioè la mancanza di docilità alla parola di Dio. La legge espressa in Gen 1,27 e 2,24 non è mai stata modificata o abolita. 
Di fronte a questo "amore impossibile" i discepoli reagiscono violentemente: "Se questa è la condizione dell’uomo rispetto alla donna, non conviene sposarsi" (v. 10). Essi indietreggiano davanti all’insopportabile esigenza dell’indissolubilità del matrimonio: impossibile da capire dagli uomini chiusi alla rivelazione di Dio, ma possibile per quelli che ricevono da Dio la grazia di capire. 
Agli eunuchi per nascita o resi tali dagli uomini, Gesù aggiunge una terza categoria: quelli "che si sono fatti eunuchi per il regno dei cieli" (v. 12). L’eunuco è colui che non può compiere l’atto della generazione. Gli eunuchi per il regno dei cieli sono, anzitutto, coloro che, separati dal coniuge, continuano a vivere nella continenza, saldamente fedeli al vincolo matrimoniale. Anche là dove la legge di Mosè permetteva qualche indulgenza, il regno dei cieli esige e promette la comunione indissolubile d’amore in seno alla coppia e disapprova ogni atto che tende a distruggere l’unità sacra del matrimonio come è stata istituita dal Creatore. 
Padre Lino Pedron
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Preghiera del mattino del 17/VIII/2012

Signore, la nostra preghiera per la santità degli sposi cristiani e per l'influenza durevole del loro amore sui loro figli è tanto più urgente quanto più ci rendiamo conto delle pressioni di cui possono essere vittime per via della mancanza di un sostegno concreto o di un aiuto, o per via di problemi di alloggio. 
Insegnaci a riconoscere che tali difficoltà sono sempre opportunità per aiutare il prossimo e per dimenticarci di noi stessi.
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giovedì 16 agosto 2012

È un volere senza volere, il tuo

È un volere senza volere, il tuo, se non elimini decisamente l'occasione. —Non cercare di ingannarti dicendomi che sei debole. Sei... codardo, e non è la stessa cosa. (Cammino, 714) 

Il mondo, il demonio e la carne sono degli avventurieri che, approfittando della debolezza del selvaggio che c’è in te, vogliono che, in cambio del misero specchietto d'un piacere — che non vale niente —, tu consegni l'oro fino e le perle e i brillanti e i rubini imbevuti del sangue vivo e redentore del tuo Dio, che sono il prezzo e il tesoro della tua eternità. (Cammino, 708) 

Un'altra caduta..., e che caduta!... Disperarti? No: umìliati e ricorri, per mezzo di Maria, tua Madre, all'Amore Misericordioso di Gesù. —Un miserere e in alto il cuore! —Si ricomincia di nuovo. (Cammino, 711) 

Molto profonda è la tua caduta! —Comincia le fondamenta da laggiù. —Sii umile. —“Cor contritum et humiliatum, Deus, non despicies.” —Dio non disprezzerà un cuore contrito e umiliato. (Cammino, 712) 

Tu non vai contro Dio. 
—Le tue cadute sono di fragilità. 
—D'accordo: ma sono così frequenti queste fragilità —non sai evitarle— che, se non vuoi che ti consideri cattivo, dovrò considerarti cattivo e sciocco! (Cammino, 713)
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Preghiera del mattino del 16/VIII/2012

Signore, insegnami ad amarti con tutto il cuore e, poiché desidero osservare i tuoi comandamenti, fa' che sia sempre pronto ad assumere su di me il fardello degli altri e a perdonare coloro che, per una ragione o per un'altra, fanno o dicono qualcosa contro di me. 
Possa io sempre ricordarmi di offrire un tale comportamento in espiazione delle offese commesse contro il tuo Sacro Cuore.
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mercoledì 15 agosto 2012

La Madre di Dio si è addormentata

Ecco la chiave per aprire la porta ed entrare nel Regno dei cieli: “Qui facit voluntatem patris mei qui in coelis est, ipse intrabit in regnum coelorum” —colui che fa la volontà del Padre mio..., questi entrerà! (Cammino, 754) 

Assumpta est Maria in coelum: gaudent Angeli! Maria è stata portata da Dio, in corpo e anima, in cielo: e gli Angeli gioiscono! 
Così canta la Chiesa. Con questa acclamazione di esultanza, cominciamo anche noi la contemplazione di questa decina del Santo Rosario. 
La Madre di Dio si è addormentata. Attorno al suo letto vi sono i dodici apostoli. Mattia ha sostituito Giuda. 
E anche noi, per un privilegio che tutti rispettano, siamo lì accanto. 
Ma Gesù vuole avere sua Madre, corpo e anima, nella Gloria. E la Corte celeste spiega tutto il suo splendore per rendere omaggio alla Madonna. Tu e io che, dopo tutto, siamo bambini . prendiamo un lembo dello splendido manto azzurro della Vergine, e così possiamo contemplare quella scena meravigliosa.  
La Santissima Trinità riceve e colma di onori Colei che è Figlia, Madre e Sposa di Dio - Ed è così grande la maestà della Madonna, che gli Angeli si domandano: Chi è costei? (Santo Rosario, 4º Mistero Glorioso).
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Grandi cose ha fatto per me l’Onnipotente: ha innalzato gli umili

Lc 1,39-56 
In quei giorni Maria si alzò e andò in fretta verso la regione montuosa, in una città di Giuda. Entrata nella casa di Zaccaria, salutò Elisabetta. Appena Elisabetta ebbe udito il saluto di Maria, il bambino sussultò nel suo grembo. Elisabetta fu colmata di Spirito Santo ed esclamò a gran voce: «Benedetta tu fra le donne e benedetto il frutto del tuo grembo! A che cosa devo che la madre del mio Signore venga da me? Ecco, appena il tuo saluto è giunto ai miei orecchi, il bambino ha sussultato di gioia nel mio grembo. E beata colei che ha creduto nell'adempimento di ciò che il Signore le ha detto». Il cantico di Maria. Allora Maria disse: «L'anima mia magnifica il Signore e il mio spirito esulta in Dio, mio salvatore, perché ha guardato l'umiltà della sua serva. D'ora in poi tutte le generazioni mi chiameranno beata. Grandi cose ha fatto per me l'Onnipotente e Santo è il suo nome; di generazione in generazione la sua misericordia per quelli che lo temono. Ha spiegato la potenza del suo braccio, ha disperso i superbi nei pensieri del loro cuore; ha rovesciato i potenti dai troni, ha innalzato gli umili; ha ricolmato di beni gli affamati, ha rimandato i ricchi a mani vuote. Ha soccorso Israele, suo servo, ricordandosi della sua misericordia, come aveva detto ai nostri padri, per Abramo e la sua discendenza, per sempre». Maria rimase con lei circa tre mesi, poi tornò a casa sua. 

Dopo l'annunciazione dell'angelo, Maria si mette in cammino verso la montagna, con sollecitudine. Per Gesù è il primo viaggio missionario compiuto per mezzo della madre, che anticipa l'azione evangelizzatrice della comunità cristiana. 
Prende qui l'avvio il grande andare, che riempie tutto il vangelo di Luca e gli Atti degli apostoli. La parola di Dio va dal cielo alla terra, da Nazaret a Gerusalemme, da Gerusalemme in Giudea e fino ai confini della terra; va senza esitazioni, sempre in fretta. 
Nel saluto di Maria, che porta Gesù nel grembo, Elisabetta e Giovanni incontrano il Salvatore. L'arrivo di Maria in casa di Elisabetta suscita grande sorpresa e Elisabetta esprime la propria meraviglia con le parole pronunciate da Davide al sopraggiungere dell'Arca dell'Alleanza: "Come potrà venire da me l'arca del Signore?" (2Sam 6,9). Nella casa di Zaccaria si realizza ciò che avverrà a Gerusalemme dopo la risurrezione del Signore. "Negli ultimi giorni, dice il Signore, io effonderò il mio Spirito sopra ogni persona; i vostri figli e le vostre figlie profeteranno" (At 2,17-21; Gl 3,1-5). 
La storia dell'infanzia della Chiesa sarà la ripetizione e la continuazione dell'infanzia di Gesù. Elisabetta, "piena di Spirito Santo" (v.41), conosce il segreto di Maria, e la proclama: "Benedetta tu fra le donne e benedetto il frutto del tuo grembo" (v.42). 
Dio ha benedetto Maria con la pienezza di tutte le benedizioni che sono in Cristo (cfr Ef 1,3). Maria viene considerata come l'arca dell'Alleanza del Nuovo Testamento: nel suo grembo porta il Santo, la rivelazione di Dio, la fonte di ogni benedizione, la causa prima della gioia della salvezza, il centro del nuovo culto. Il saluto di Maria provoca l'esultanza di Giovanni Battista. 
Il tempo della salvezza è il tempo della gioia. 
Il cantico di lode di Elisabetta finisce con le parole che esaltano Maria: "Beata colei che ha creduto nell'adempimento delle parole del Signore" (v.45). Maria è diventata la madre di Gesù perché ha obbedito alla parola di Dio. E quando una donna del popolo, rivolgendosi a Gesù, la proclamerà beata: "Beato il grembo che ti ha portato e il seno da cui hai preso il latte!", Gesù preciserà e completerà l'espressione di lode, dicendo: "Beati piuttosto coloro che ascoltano la parola di Dio e la osservano!" (Lc 11,27-28). Con un atto di fede comincia la storia della salvezza d'Israele; Abramo parte per un paese sconosciuto con la moglie sterile, solo, perché Dio lo chiama e gli promette una discendenza benedetta (Gen 12). 
Con un atto di fede comincia la storia della salvezza del mondo; Maria crede alla parola del Signore: vergine, diventa la madre di Dio. La prima beatitudine del vangelo di Luca è l'esaltazione della fede di Maria. La fede è la virtù che ha accompagnato Maria nel suo cammino e l'ha radicata profondamente nel progetto di salvezza di Dio. 
Il cantico di Maria è molto vicino a quello che intonerà Gesù quando, esultando nello Spirito Santo, scoprirà che la benevolenza del Padre si rivela ai piccoli (Lc 10,21-22). Maria esalta l'opera di salvezza che Dio sta realizzando tra gli uomini. 
Questo inno si sviluppa come un mosaico di citazioni e di allusioni bibliche, che trova un parallelo nel cantico di Anna (1Sam 2,1-10), considerato generalmente come la sua fonte principale sia dal punto di vista della situazione che della tematica e della formulazione. Qualche esegeta suggerisce di leggere questo cantico di Maria sullo sfondo della grande liberazione dell'Esodo e in particolare del celebre Cantico del mare (Es 15,1-18.21). Maria canta la grandezza di Dio. Riconosce che Dio è Dio. La conseguenza della scoperta di Dio grande nell'amore è l'esultanza dello spirito. 
La scoperta dell'amore immenso di Dio per noi vince la paura. Chi conosce il vero Dio, gioisce della sua stessa gioia. Il motivo del dono di Dio a Maria non è il suo merito, ma il suo demerito, la sua umiltà (da humus=terra, parola da cui deriva anche "uomo"). Maria è il nulla assoluto, che solo è in grado di ricevere il Tutto. Dio è amore. L'amore è dono. Il dono è tale solo nella misura in cui non è meritato. 
Dio quindi è accolto in noi come amore e dono solo nella misura della coscienza del nostro demerito, della nostra lontananza, della nostra piccolezza e umiltà oggettive. Maria è il primo essere umano che riconosce il proprio nulla e la propria distanza infinita da Dio in modo pieno e assoluto. Il merito fondamentale di Maria è la coscienza del proprio demerito: ella riconosce la propria infinita nullità. 
Per questo, giustamente, la Chiesa proclama Maria esentata dal peccato originale, che consiste nella menzogna antica che impedisce all'uomo questa umiltà fiduciosa, che dovrebbe essere tipica della creatura (cfr Sal 131). L'umiltà di Maria non è quella virtù che porta ad abbassarsi. La sua non è virtù, ma la verità essenziale di ogni creatura, che lei riconosce e accetta: il proprio nulla, il proprio essere terra-terra. Tutte le generazioni gioiranno con lei della sua stessa gioia di Dio, perché in lei l'abisso di tutta l'umanità è stato colmato di luce e si è rivelato come capacità di concepire Dio, il Dono dei doni. Dio è amore onnipotente. Lo ha mostrato donando totalmente se stesso. Il suo nome (la sua persona) è conosciuto e glorificato tra gli uomini perché Dio stesso santifica il suo nome rivelandosi e donandosi al povero. Maria sintetizza in una sola parola tutti gli attributi di colui che ha già chiamato Signore, Dio, Salvatore, Potente, Santo: il nome di Dio è Misericordia. Dio è amore che non può non amare. E' misericordia che non può non sentire tenerezza verso la miseria delle sue creature. San Clemente di Alessandria afferma che "per la sua misteriosa divinità Dio è Padre. Ma la tenerezza che ha per noi lo fa diventare Madre. 
Amando, il Padre diventa femminile" (Dal Quis dives salvetur, 37,2). Maria descrive la storia biblica della salvezza in sette azioni di Dio. La descrizione con i verbi al passato significa quello che Dio ha già fatto nell'Antico Testamento, ma anche quello che ha compiuto nel Nuovo, perché il Cantico, composto dalla comunità cristiana, canta l'operato di Dio alla luce della risurrezione di Cristo già avvenuta. A proposito di questa rivoluzione operata da Dio, che rovescia i potenti dai troni e manda a mani vuote i ricchi, notiamo che anche questa è un'opera grandiosa e commovente della misericordia di Dio: quando il potente cade nella polvere e il sazio prova l'indigenza, essi sono posti nella condizione per essere rialzati e saziati da Dio. 
Nell'esperienza del vuoto e nel crollo degli idoli, l'uomo si trova nella condizione migliore per cercare Dio. In Maria è presente Dio fatto uomo. In lui si realizzano le promesse di Dio. E' per la fede in Cristo che si è discendenza di Abramo (Lc 3,8). 
Il compimento della promessa fatta da Dio ad Abramo è definitivo: "In te si diranno benedette tutte le famiglie della terra" (Gen 12,3). 
Padre Lino Pedron
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